Storia della televisione: Masters of Horror
La satira politica si mischia con l'orrore in Braindead, come avveniva in Homecoming di Joe Dante, uno dei migliori episodi di Masters of Horror: ricordiamo la serie nel suo complesso
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Il progetto viene sviluppato su Showtime, un'emittente che aveva appena iniziato la trasmissione di Dexter, lo show che l'avrebbe traghettata tra le "grandi". Mike Garris, regista e sceneggiatore, nume tutelare di Stephen King quando si tratta di trasporre alcune delle sue opere più celebri sul piccolo schermo (L'ombra dello scorpione, Shining, Desperation), cura il progetto. Come nella tradizione dell'incontro che diede vita ad alcuni dei più grandi capolavori dell'orrore gotico, anche qui tutto parte da una cena tra autori. Alcuni sarebbero rimasti, altri contattati non avrebbero partecipato al progetto (David Cronenberg ed Eli Roth tra gli altri). In ogni caso, tra il 2005 e il 2007, le due stagioni vanno in onda con 26 episodi, rigidamente autoconclusivi. Una terza stagione annunciata non viene mai realizzata.
Homecoming di Joe Dante dovrebbe diventare uno snodo da non tralasciare quando si tratta la sua filmografia. Di fronte alla prospettiva di una nuova guerra i soldati morti tornano in vita e votano per non mandare nessuno a combattere. Molta satira sociale e pochissimo horror vero, questo segmento è un compendio ideale di quel film, sempre per la televisione, che Dante aveva diretto dieci anni prima e intitolato "La seconda guerra civile americana". Anche qui la metafora, l'assurdità della premessa, per raccontare qualcos'altro.
Imprint di Takashi Miike, nel suo titolo originale molto più efficace della generico "Sulle tracce del terrore" italiano. Un giornalista americano sul finire dell'Ottocento è alla ricerca di una donna che ha giurato di salvare; finirà ad ascoltare le molte versioni della storia raccontate da una prostituta, fino a scoprire l'orribile verità. Ogni cultore della sconfinata filmografia del regista giapponese non può tralasciare questo piccolo gioiello. Miike riesce come sempre a trarre il massimo da ciò che deve raccontare. La violenza visiva è molto forte, ma è l'atmosfera a dare forza all'incubo.
Tra gli altri episodi interessanti vale la pena recuperare Family di John Landis (un serial killer prende di mira i suoi nuovi vicini), Sounds Like di Brad Anderson, che di ossessioni aveva già trattato nel suo L'uomo senza sonno (un uomo amplifica ogni rumore intorno a sé, fino alla follia) e il già citato segmento di Stuart Gordon intitolato Dreams in the Witch-House.