Master of None (prima stagione): la recensione
La programmazione originale di Netflix si arricchisce con Master of None, la bella comedy ideata e interpretata da Aziz Ansari
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Il trentenne indiano Dev Shah è un attore da poco in cerca di conferme a New York. Mentre passa da un ingaggio poco soddisfacente all'altro, sostenuto soprattutto dagli introiti di vecchie pubblicità e da qualche occasionale comparsata in film di quart'ordine, conduce una vita moderata, ripetitiva, senza crolli e senza picchi. Ci sono le bevute, le uscite con le ragazze, i locali selezionati in base alle classifiche online, le serie tv. Nel corso delle dieci puntate – sempre piuttosto episodiche, con una trama orizzontale che si rafforza solo nel finale – seguiamo il protagonista alle prese con vari aspetti della vita sociale. Sono le manifestazioni di un mondo che va avanti, con i suoi rituali precisi, come il lavoro della vita, la relazione stabile, il matrimonio, perché anche Dev - questo moderno protagonista di About a Boy - sta crescendo e sta andando avanti.
È qui che Master of None svela la sua natura atipica, eppure non così estranea ad un certo tipo di serie tv di oggi. Non è una comedy multi-camera naturalmente, ma ha un setting e una regia più elaborate, una fotografia più pesante (siamo dalle parti di Girls, anche come tono da dramedy), addirittura un aspect ratio 2.35:1 piuttosto straniante. Fa ridere? Certo, qualche risata nel corso degli episodi scatterà senz'altro, ma si tratta di risate a denti stretti, velate da una critica sociale mai eccessiva, ma sempre presente. Aziz Ansari come Lena Dunham, come Louis CK, come Amy Schumer, ossia il comedian che interpreta se stesso in un contesto romanzato, trasportando, come una sorta di Woody Allen della contemporaneità, le proprie ossessioni e pensieri sullo schermo inserendoli in una cornice quotidiana.