The Leftovers 2x01 "Axis Mundi": la recensione
The Leftovers, la serie HBO di Damon Lindelof torna con un première straordinaria, impossibile da comprendere del tutto, ma elegante e coinvolgente
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In più di un momento è la rappresentazione perfetta di come una storia dovrebbe essere raccontata e di come la serialità migliore dovrebbe funzionare. È sorprendente come Damon Lindelof e Tom Perrotta abbiano ripreso i fili di una vicenda così sospesa, così impalpabile e inafferrabile come quella raccontata l'anno scorso – e che giustamente ha diviso parecchio – e siano ripartiti da un altro punto di vista, limando tutti i difetti, creando il miglior episodio della serie finora. Axis Mundi è un ritorno eccezionale, coinvolgente e maturo che se verrà confermato nei prossimi episodi, possiamo sbilanciarci, proietterà The Leftovers nello stretto gruppo delle migliori serie in onda. E questo non era per niente scontato.
Dunque... no, ci torniamo dopo. Intanto continuiamo con la trama.
Non è un episodio semplice da guardare, non lo è affatto. Siamo abituati, anche nel panorama più creativo degli ultimi anni di televisione, a incasellare la narrazione in schemi predefiniti, a ragionare su basi che già conosciamo, e se un mistero si pone, lo fa perché in qualche modo deve tenerci aggrappati alla storia in attesa di una risposta che prima o poi arriverà. Per questo è così difficile avere a che fare con The Leftovers, che con il suo storytelling non assomiglia a nessun'altra serie in onda. C'è una quantità mostruosa di "non detto" in questa puntata, linee sottilissime di narrazione in cui si insinuano buchi di eventi, caratterizzazioni, rapporti che non conosciamo e di cui non abbiamo la più pallida idea. È un nuovo inizio, ma non è per nulla graduale, sembra solo l'ennesima finestra sulla vita di persone che invece non conosciamo per niente.
Axis Mundi è un episodio che trova il suo equilibrio nel caos, in un ordine che cerchiamo ad ogni minuto di afferrare senza successo. Crediamo che la storia parli di un'adolescente un po' antipatica, e invece il suo punto di vista è quello meno sfruttato. Allora forse si parla di una famiglia felice e normale e del suo rapporto con la fiumana di gente e turisti che si riversa nella città del miracolo. In parte, ma non ci siamo ancora. A ogni angolo ci sono stranezze e personaggi assurdi e impossibili da contestualizzare, ci sono svolte imprevedibili perché nessuno ci ha preparato a quello che sarebbe potuto accadere, e non c'è nulla che va come potremmo pensare.
E tutto questo ci viene presentato con un'eleganza nello stile, una naturalezza nei rapporti, che sono subito familiari e coinvolgenti, una ricchezza di particolari che hanno dell'incredibile. Una scrittura che per più di un'ora è fatta solo di sfumature e di sottintesi, come Mad Men ci ha abituato nei suoi momenti migliori, e che lascia allo spettatore il compito gravoso e difficile di decifrare, se vuole, quello che ha visto. Ammesso che ci sia qualcosa da decifrare e da capire, ammesso che ci sia un ordine da trarre da tutto questo. Perché se c'è qualcosa che la prima stagione ci ha insegnato, è che gli schemi umani non si adattano agli eventi straordinari.
E torniamo al prologo. Che siamo liberi di odiare, che possiamo trovare pretenzioso, che possiamo rigettare come tutto quello che segue. Perché probabilmente non ha senso e non vuol dire nulla, ma nel suo non avere senso in qualche modo è una linea guida su tutto ciò che avverrà dopo, un po' come lo erano gli eventi scollegati, tra destino, fede e casualità, che venivano raccontati in Two Boats and an Helicopter, forse miglior episodio del primo anno. I temi sono sempre gli stessi: perché gli innocenti vengono colpiti e i colpevoli no? Possiamo comprare la nostra salvezza? Possiamo anche solo pensare di avvicinarci alla verità e alla comprensione?
The Leftovers è una serie da guardare per scoprire dove ci porterà. E anche se non ci porterà da nessuna parte, la sensazione è che ne varrà la pena.