Game of Thrones 5x10 "Mother's Mercy" (season finale): la recensione

Si chiude, con un episodio carico di cliffhanger e colpi di scena, la quinta stagione di Game of Thrones

Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.


Condividi
Spoiler Alert
Cade la neve al Castello Nero, e tutto intorno non c'è traccia di quella misericordia che dà il titolo al season finale della quinta stagione di Game of Thrones.

In linea con gli ultimi due episodi andati in onda, anche Mother's Mercy si allontana dalla tradizionale gestione della struttura narrativa cui Benioff e Weiss ci avevano abituati. Mancando la stampella emotiva e narrativa del grande evento all'ombra del quale costruire le basi per la stagione seguente, questo finale di stagione per la prima volta sceglie di battere nuovi sentieri. Saltiamo allora da un punto all'altro della mappa, con più cliffhanger e situazioni sospese di quante se ne fossero mai viste tutte insieme. Ed è immediato il confronto con le altre stagioni: per una Daenerys acclamata dalla folla alle porte della città, per una Arya in viaggio verso oriente, abbiamo qui invece una serie di morti a metà, fendenti bloccati, salti nel vuoto, occhi senza vita sbarrati su una notte che, qualcosa ci dice, potrebbe non essere eterna.

A Nord, con una certa sorpresa rispetto a ciò che ci attendevamo, gli eventi di Grande Inverno accelerano bruscamente. Non solo la neve, ma anche l'esercito di Stannis si scioglie al sole. Il destino del re dal cuore fiammeggiante era già segnato dal sacrificio inutile di Shireen, eppure pensavamo che ci sarebbe voluto più tempo. In realtà così non è. Affrontato in campo aperto dai Bolton, abbandonato da Melisandre, Stannis viene sconfitto senza mostrare troppa resistenza. Il suo non è il volto di un fiero guerriero costretto alla ritirata, lo stesso che tanto tempo fa aveva esibito nella battaglia delle Acque Nere. È solo il volto di un uomo stanco, senza casa, senza famiglia, senza onore, senza forza. Accoglie quasi come una liberazione l'arrivo di Brienne, determinata a vendicare la morte di Renly, alla quale confessa la sua colpa, una delle tante, preparandosi a morire.

Da un lato la parabola di Stannis ha rappresentato un grande valore aggiunto per Game of Thrones. In mezzo a tanti mostri senz'anima e contendenti distrutti dal loro troppo onore, rappresentava il rigore della giustizia, l'incarnazione del potere che non conosce misericordia, ma che sa distinguere tra bene e male. Non sarebbe mai stato un re amato dal popolo, ma sarebbe stato un re giusto. Ha un certo valore il fatto che la sua morte arrivi a causa del suo primo, grave peccato, l'uccisione del fratello che di fatto, dopo le pire alla Roccia del Drago, aveva dato il via alla sua lenta discesa negli abissi. Nonostante tutto non si può non provare un moto di dispiacere e un senso di pietà per questa figura, da un certo punto di vista la più tragica della serie insieme a Theon. Nessun onore per lui, e soprattutto nessun ultimo incontro con Davos, un confronto che ci dispiace molto la serie ci abbia negato (anche perché la reazione di Davos alla notizia della morte di Shireen non è forte quanto pensavamo). Stannis è morto la scorsa settimana insieme a sua figlia, questo non era altro che l'epilogo di una vicenda già scritta.

Come già scritta era la vendetta di Arya nei confronti di Meryn Trant, l'assassino di Syrio Forel. La ragazza, che ha imparato a maneggiare le arti dei seguaci del dio dai mille volti, si vendica furiosamente contro di lui. Ne pagherà ovviamente le conseguenze. Restiamo storditi dalla morte di Jaqen, solo per scoprire che si tratta dell'ennesima illusione. La cecità della ragazza viene trasformata da mezzo di addestramento dei romanzi a punizione, o forma di compensazione, nella serie. Per Arya si chiude una fase della sua permanenza a Braavos e se ne apre un'altra. Dal punto di vista degli eventi non si poteva fare molto di più con lei in questa stagione: come Bran, sta seguendo un cammino di addestramento che, nel momento dello scontro finale, avrà probabilmente il suo peso.

Non sappiamo invece il peso che avrà la morte (?) di Myrcella sui rapporti tra Martell e i Lannister. Ellaria, difficile che nessuno sul molo se ne sia accorto, dà un bacio della morte alla ragazza, che probabilmente ci lascia dopo aver avuto conferma da Jaime della sua paternità e dopo aver accettato serenamente le sue origini. Anche in questo caso come per Stannis, diamo per scontata la morte della ragazza: si realizzerebbe in questo caso una nuova parte della profezia a Cersei con la quale si era aperta la stagione. Le motivazioni nell'introdurre la storyline dei Martell sono state chiare, ma lo svolgimento è stato disastroso, sicuramente il filone peggiore della quinta stagione: personaggi abbozzati o macchiettistici, scelte tempistiche indegne del valore della serie, un grave spreco di quel potenziale che la sola figura di Oberyn aveva contribuito a creare.

Game of Thrones 5x10 - banner

Quasi criminale l'idea di bloccare la vicenda di Theon e Sansa su un salto da altezze vertiginose. Al di là di quello che succede, è proprio una scelta emblematica nel cambio di rotta su alcune scelte narrative di quest'anno: è impossibile avere la controprova, ma in un altro frangente la serie forse ci avrebbe mostrato i due fuggitivi scappare semplicemente dalla rocca verso le distese di neve, invece di farli lanciare nel vuoto, considerando che una loro morte è semplicemente da escludere. Su Grande Inverno tanto andava detto e basta: il pietismo nei confronti della povera Sansa, costretta a passare da un carceriere all'altro e da una tortura psicologica e fisica all'altra, ha raggiunto e superato i livelli di guardia. Seguendo questa progressione, nella sesta stagione ce la immaginiamo consegnata direttamente al capo degli Estranei.

La storia di Daenerys da parte sua è effettivamente un epilogo, questo sì in linea con le stagioni precedenti, di ciò che abbiamo visto nella puntata nove. La lasciamo alle prese con un esercito Dothraki, mentre i due spasimanti Jorah e Daario sono sulle sue tracce, e lo strano concilio formato da Missandei, Verme Grigio, Tyrion e un ritrovato Varys amministra Meereen. Qualcosa ci dice che potrebbero fare un lavoro migliore di Daenerys.

Chi decisamente non ha fatto un buon lavoro è Cersei, che infine paga la propria scarsa lungimiranza. Dalla Mhysa, ossia "madre", che concludeva la terza stagione, la scelta del titolo del season finale della quinta stagione si richiama ad un'altra madre, quella dei sette dei, alla cui misericordia si appella Cersei nel confessare parte dei suoi peccati. Non arriveremo a provare pietà per la regina spogliata e umiliata che sembra Giovanna d'Arco a processo, ma la scena della "walk of shame" è il momento più imponente e teso dell'episodio. L'utilizzo della computer grafica sul nudo non pregiudica la violenza e la riuscita della scena, che ci arrivano intatte e forti. By the way, Qyburn ha messo a punto il suo mostro di Frankenstein in armatura. Non esattamente la trovata più elegante della serie, ma poteva andar peggio, e introdurlo non facendogli massacrare qualcuno, ma per sollevare dolcemente la regina ferita, è stata un'ottima intuizione.

"tu quoque, Olly"

Praticamente mancava solo questa battuta nei confronti del suo giovane protetto per rendere la dipartita di Jon Snow ancora più simile a quella di Cesare. Il "traditore" dei Guardiani della Notte viene a sua volta tradito dai confratelli e muore sotto i colpi delle sue scelte probabilmente giuste e lungimiranti, anche alla luce di ciò che abbiamo visto in Hardhome, ma troppo difficili da comprendere per gli altri. La morte di Jon Snow è l'ultimo orizzonte raggiunto, ad oggi, dalla saga scritta, e non era troppo difficile, sapendo ciò, prevederne gli sviluppi all'interno della serie, anche considerando una serie di indizi come il largo minutaggio riservato a Olly e soprattutto lo scambio del ragazzo con Sam di due settimane fa. Funziona l'idea di sviare l'argomento tirando in ballo la figura di Benjen, funziona l'esecuzione, e non si può restare indifferenti di fronte allo sguardo spento di quello che, nonostante tutte le regole applicate o disapplicate dalla serie, è per definizione l'eroe della saga.

La domanda, la stessa che da anni i lettori dei romanzi si pongono, è: tornerà? e in che modo? Come si è affrettato a sostenere Kit Harington, Jon Snow è morto. Pochi dubbi su questo, ma sappiamo che grazie alla magia del fuoco e del ghiaccio la morte a Westeros può essere una condizione temporanea, e condurre in un caso o nell'altro a situazioni diverse. Melisandre è al Castello Nero, sconvolta dal fallimento del suo Azor Ahai, il guerriero della luce destinato a sconfiggere gli Estranei. Il resto lo scopriremo solo vivendo.

L'espiazione dei peccati era il tema centrale di quest'ultimo episodio della quinta stagione. Stannis, Arya, Cersei, Jon, sono loro i nomi dell'odio ripetuti dalla serie, che ancora una volta ci dimostra come, nonostante il grado di incertezza e i twist che spesso permeano la storia, ogni svolta debba essere ricondotta principalmente alle azioni dei protagonisti, come è giusto che sia in ogni storia che si rispetti. A volte il percorso, come per Stannis, sarà più forzato, altre volte, come per Arya, sarà più coerente. In questi casi risulta più facile chiudere un occhio sulle incertezze e inciampi di uno show che mai come quest'anno ha dato in certi momenti l'impressione di girare a vuoto e perdere le redini della storia.

Continua a leggere su BadTaste