Unbreakable Kimmy Schmidt (prima stagione): la recensione
Dalla produttrice Tina Fey, arriva Unbreakable Kimmy Schmidt, la prima comedy di Netflix
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Con un prologo fulminante, che esaurisce nel giro di pochi minuti la lunga e pesante premessa, scopriamo cosa è accaduto alla protagonista. Insieme ad altre tre donne è stata tenuta segregata in un rifugio sotterraneo dal predicatore di una setta apocalittica. Senza sospettare nulla della sua condizione di prigionia, e anzi credendo come le altre di essere una delle poche scampate alla fine della civiltà, la ragazza è stata infine salvata solo 15 anni più tardi. Uscita dal guscio, Kimmy non ci sta ad una vita fatta di routine e di vecchie certezze, e si getta quindi anima e corpo nel cercare di costruire passo dopo passo la sua indipendenza in una New York egoista e un po' matta, che non ha tempo per lei, ma che, nonostante tutto, non riuscirà a intaccare la sua gioia di vita, la sua pacata ingenuità e la sua "indistruttibilità".
Questa premessa che richiama un po' la trama di Sbucato dal passato lascia quindi il posto ad una serie di situazioni una più improbabile dell'altra. Il contesto, i personaggi, i dialoghi, è tutto incredibilmente sopra le righe e folle. Non esiste un confine tra parodia e realtà: il mondo nel quale Kimmy è tornata non è meno strambo della situazione in cui si è trovata per 15 anni, e lei stessa non sarà da meno. Grande cast e grandissima Ellie Kemper che, con i suoi vestiti dai colori sgargianti e un sorriso che ricorda quello di Fran Descher in La Tata (simile anche il ruolo, con Kimmy che porta una ventata di novità in una casa di ricconi snob), è il vero punto di forza della serie. Spiccano inoltre Titus Burgess nei panni di Titus Andromedon, il coinquilino omosessuale della protagonista, Carol Kane nei panni di Lillian Kashtupper, la pazzoide padrona di casa di Kimmy, e Jane Krakowski, che insieme a Tina Fey rappresenta il legame maggiore con 30 Rock.