Bosch (prima stagione): la recensione
La recensione di Bosch, poliziesco di Amazon dai romanzi di Michael Connelly
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Hieronymus Bosch, nome ispirato dal celebre pittore fiammingo, è un poliziotto tutto d'un pezzo, solitario, insubordinato, fedele ad una propria morale, spinto in avanti quasi esclusivamente dal lavoro. Mentre deve rispondere in aula dell'uccisione un malvivente – forse avvenuta a sangue freddo – dalle colline che circondano Los Angeles riemergono i resti di un cadavere. Si tratta di un bambino, martoriato, ucciso e sepolto circa 25 anni prima. Mentre si fa strada tra problemi personali e difficili relazioni, Bosch deve cercare di risalire all'origine dell'omicidio, ma nel farlo si trova ad avere a che fare con un serial killer che instaura con lui un malsano rapporto, spingendolo verso la strada dell'ossessione e giocando sul sottile filo che separa giustizia e vendetta.
Bosch non vuole rappresentare una svolta nel proprio genere, non ha le vette creative che poteva proporre un True Detective o, più simile ancora, un Luther. Propone un intreccio relativamente semplice, un ritmo costante senza particolari picchi o cadute, e al termine dei dieci episodi – numero perfetto, in linea con gli altri prodotti del network – porta a casa tutte le risposte, senza particolari finestre aperte su un prossimo, eventuale, anno. In tutto questo si avvale si un cast davvero notevole, nel quale spicca senza dubbio il protagonista Titus Welliver. Appariva in Lost solo per tre episodi, eppure quasi tutti riconduciamo la sua carriera all'interpretazione del mostro di fumo. Bosch, dopo Deadwood, rappresenta uno dei suoi ruoli più importanti, e Welliver lo interpreta con grande forza e carisma, portando sulle sue spalle il peso dell'intero show.