Ascension: la recensione
Ascension: la miniserie di Syfy non è una completa delusione, ma lascia l'amaro in bocca
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Nel 2014 l'arca stellare Ascension si trova al 51° anno di navigazione spaziale. Il viaggio dalla Terra verso Proxima è iniziato nel 1963, in piena epoca Kennedy e soprattutto in piena Guerra Fredda. Per i 600 viaggiatori della nave si tratta di dover convivere forzatamente gli uni con gli altri, consapevoli dell'importanza della propria missione e soprattutto della tragicità della situazione: pochissimi di loro arriveranno a vedere la destinazione. Questo fragile equilibrio viene spezzato del tutto dall'omicidio della giovane Lorelei. Le indagini del primo ufficiale Aaron Gault si spalancheranno su un mondo di segreti, ricatti e misteri oltre ogni immaginazione.
Ascension quindi offre questo strano spaccato di vita nel quale il genere corrisponde ancora al ruolo sociale, in cui le donne vengono selezionate e addestrate per compiacere gli uomini, con tanto di lezioni di portamento, trucco e abbigliamento. L'ape regina dell'alveare è Viondra Denninger (Tricia Helfer), l'algida e spregiudicata addestratrice, anche moglie dell'attuale capitano della nave William Denninger (Brian Van Holt). Quindi da un lato la vita sulla nave è caratterizzata da queste mancanze, mentre dall'altro è resa ancora più particolare dalle necessità che la vita nello spazio comporta. Pertanto un rigido controllo delle nascite, eugenetica, scarsa mobilità sociale: appena 600 persone a bordo bastano a creare un sistema non proprio di caste, ma comunque molto rigido (si parla spesso come punizione di venire mandati ai "livelli inferiori").
Da qui in poi pesanti spoiler sulla trama
Chiariamo, Ascension è un lunghissimo pilot mascherato da miniserie. Ne ha tutte le caratteristiche. È troppo corale, troppo dispersivo, troppo caotico, anche e soprattutto in una conclusione apertissima che conclude ben poco e che anzi porta tutta la storia su un livello successivo. Il giudizio è quindi un po' sospeso. Se arriverà l'ordine della serie, allora, rimarrà solo il rimpianto per qualche colpo di scena enorme troppo anticipato e bruciato. Se l'ordine non arriverà, questi tre macroepisodi (in realtà sarebbero tre doppi episodi) rimarranno un oggetto indecifrabile e molto deludente.
Finalmente, parliamo della grande rivelazione. Alla fine del primo episodio, con una svolta di tutto rispetto, scopriamo che la Ascension non ha mai lasciato la Terra. Il tutto non è altro che un enorme, costosissimo e supersegreto esperimento sociologico guidato da Harris Enzmann (Gil Bellows), il cui obiettivo finale dovrebbe essere la creazione di un ambiente adatto a favorire lo sviluppo di alcune capacità extrasensoriali. Queste puntualmente arriveranno, incarnate nella giovane Christa Valis (Ellie O'Brien) che, cognome di ispirazione "dickiana" a parte, diventa immediatamente un oggetto di interesse per chi monitora l'esperimento. Al tempo stesso, fuori dalla navicella, la giovane Samantha Krueger (Lauren Lee Smith) cerca di risalire all'origine del progetto, per darne conferma ai molti cospirazionisti che da decenni ne sostengono l'esistenza.
E tutte queste storie sono solo una parte delle motivazioni in gioco, più o meno interessanti, tra i vari attori. C'è tanto, troppo e nulla di veramente forte o che abbia una conclusione accettabile. Il contesto fantascientifico iniziale non è mai credibile, ma la svolta cospirativa è altrettanto difficile da accettare (è assurdo che a bordo nessuno si sia mai accorto di nulla). Tutto il discorso dell'evoluzione alternativa della società non viene portato avanti con la costanza necessaria: per una visione sessista dell'ambientazione ci sono troppe contraddizioni di natura tecnologica e sociale. I poteri di Christa, la svolta cospirativa, le indagini: sarebbe stato ottimo materiale da spalmare con più cura e un migliore ritmo in una canonica serie da tredici episodi. A vederlo presentato così rimane solo l'amaro in bocca.