The Leftovers 1x01 "Pilot": la recensione

Un concept ottimo si accompagna ad un'esecuzione inadeguata: questo è The Leftovers, la nuova serie di Damon Lindelof per la HBO

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Bastano pochi minuti a capire l'approccio alla base di The Leftovers. Un mistery drama dove il mistero sfugge alla camera e si nasconde nelle pieghe del montaggio mentre il dramma emerge anche dalle pareti sotto forma di fotografie prese a pugni. Il nuovo progetto di Damon Lindelof, che ha trovato una nuova casa alla HBO in quello che può essere considerato l'ultimo colpo di coda della stagione televisiva, è il racconto della tragica elaborazione di un lutto collettivo nel quale la morte è l'unica assente. Al suo posto il senso di abbandono, la perdita, l'atterrimento di un'intera società di fronte a qualcosa di assolutamente inspiegabile – e probabilmente inspiegato – e fuori da ogni logica.

Tratto dal romanzo omonimo di Tom Perrotta, The Leftovers pone fin dal titolo l'accento sulla dimensione emotiva di coloro che sono stati lasciati indietro. Da chi? Da amici, parenti, semplici conoscenti: il 2% della popolazione mondiale che, in maniera randomica, improvvisa, sconvolgente, sono scomparsi nel nulla senza lasciare nessun segno e nessun indizio su ciò che potrebbe essere accaduto. Tre anni dopo l'elaborazione dell'avvenimento è tutt'altro che superata. Nell'impossibilità di comprendere, di andare avanti, la popolazione mondiale ha reagito nelle forme più diverse. La serie fissa lo sguardo su una piccola, emblematica cittadina chiamata Mapleton e sulle conseguenze più immediate, e più nascoste, che l'evento ha avuto sui suoi abitanti.

Centro nevralgico della narrazione è la famiglia Gravey, con il capofamiglia Kevin (Justin Theroux), capo della polizia locale, e i suoi figli Tom (Chris Zylka), che ha trovato rifugio presso una specie di misterioso santone, e Jill (Margaret Qualley), che si trascina tra rassegnazione e improvvisi scatti di rabbia. Di volta in volta è ai loro volti e alle loro emozioni che si appoggia la scrittura per osservare i cambiamenti occorsi nel tempo. Una piccola rivelazione nel finale di episodio getta poi un nuovo ingrediente in scena e rilancia parte della storyline per il futuro. Tra gli altri protagonisti i membri del movimento guilty remnant, stretti da un silenzio autoimposto, vestiti sempre di bianco, pacifisti osservatori che quasi rasentano lo stalking per il modo in cui seguono alcune persone da loro individuate. Tra queste anche Meg Abbott (Liv Tyler), una donna in procinto di sposarsi.

Il desiderio di puntare sulle reazioni collettive piuttosto che su ciò che le ha causate è più di una dichiarazione d'intenti. Il mistero non è importante in quanto tale, come domanda senza risposta, ma come simbolo di qualcosa di indecifrabile e totalmente fuori dalla portata della comprensione umana. Non è l'esperimento di Flashforward, non è la catastrofe tecnologica di Revolution, non è la fantascienza di 4400. Tutti eventi collettivi, tutti apparentemente incomprensibili, ma ai quali si opponeva la strenua volontà di razionalizzare, di riportare ogni cosa ad una spiegazione comprensibile. Erano serie che si muovevano lungo quella direttrice, e che quindi ponevano la ricerca della risposta alla base della storia. Ma The Leftovers non si guarda indietro, anzi tutto il contrario. La vera sfida è riuscire a guardare avanti.

È questa la ragion d'essere della nostra storia, e forse il vero risvolto della trama e del titolo che va compreso. Il senso di abbandono, la perdita dei cari, questo è sicuramente importante, ma in fondo la serie si svolge ben tre anni dopo l'evento. Pur senza superare completamente il dolore, normalmente si riesce in questo periodo ad andare avanti con la propria vita. Qui invece il senso di sofferenza collettiva ha alimentato se stesso, è cresciuto e ha assunto forme particolari, fino ad emergere in una sorta di sacro timore per quello che è accaduto. C'è chi si rivolge al guru, c'è chi soffre per un malcelato senso di colpa per ciò che è accaduto e si estranea dal mondo. Non necessariamente perché abbia perso qualcuno, ma perché quello che è successo è talmente incomprensibile da rimettere in gioco ogni convinzione sulla sicurezza e sulla propria vita.

Non ci è dato sapere quali siano state le risposte emotive nel resto del mondo, ma quello che accade a Mapleton è lo specchio dell'anima americana. Non ci vuole un gran salto di fantasia a far coincidere il trauma collettivo mai veramente superato con lo spettro delle Torri Gemelle, ancora vivo specie in una scena nella quale verranno ricordati, nel giorno dell'anniversario, i nomi delle "vittime". E quindi il vuoto improvviso per una nazione eletta che si sveglia abbandonata a se stessa. Ognuno cercherà le proprie risposte a modo suo.

Questa la trama e il tema della serie. A parte questo, merita? La scrittura di Lindelof incespica in un concept interessante e ricco di possibili spunti senza riuscire a sfruttare pienamente l'occasione. Gli intenti sono chiari, ma l'esecuzione non è sempre a fuoco nel restituirci l'effetto emotivo che si vorrebbe raggiungere. Nel corso di un pilot troppo lungo – un'ora e dieci – e non in grado di tenere alto il ritmo per tutta la durata, il senso di tristezza, rassegnazione, depressione collettiva emerge dallo schermo (nemmeno un attimo di luce in tutto l'episodio), ma su tutto si staglia una sensazione di artificiosità. Il mood vuole essere grigio, lento, silenzioso come i membri dei Guilty Remnant, e per buona parte dell'episodio lo è. Il problema arriva poi quando questo approccio si contrappone ad alcuni scatti eccessivi (tanta violenza in questo pilot) o stranianti (un festino di giovani che trasuda HBO da tutti i pori). Il tutto narrato dalla regia di Peter Berg (Hancock, Battleship), non esattamente un autore drammatico, che non va oltre qualche rallenty poco poetico e vari flash nel passato montati quasi con effetto involontario "Family Guy".

Il concept è ottimo e carico di spunti, il casting forse non brilla, ma funziona, la tematica è perfettamente inquadrata (alla fine Les Revenants, pur raccontando un "cammino" opposto, non era tanto diverso), quello che è mancato in questo primo episodio è stato un'esecuzione adeguata.

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