Dominion 1x01 "Pilot": la recensione
Scontri tra angeli e Case Nobili in Dominion, sequel del film Legion del 2010
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"Twenty-five years ago, God disappeared"
E veniamo a Dominion, serie sequel trasmessa da SyFy che riprende quella storia, modificando qualcosa nella mitologia interna, proiettando tutto in un futuro lontano 25 anni. Terminator Salvation con gli angeli quindi? Meglio di no, visto che i cliché che vediamo in questo pilot di un'ora sono talmente tanti almeno questo riferimento possiamo risparmiarcelo. Creato da Vaun Wilmott e diretto ancora una volta da Scott Stewart, Dominion esordisce con un pilot piatto e superficiale, troppo verboso per la maggior parte del tempo, visto e rivisto in ogni componente della sua mitologia interna, camp in più di un momento. Uno dei peggiori debutti degli ultimi tempi.
Raccontato così, Dominion potrebbe anche non sembrare tanto male. Zero pretese, tutto già visto, ma almeno un po' di sano divertimento per accompagnare la calura estiva. E in effetti da questo punto di vista – unico e solo – potrebbe avere un senso. La scrittura di Wilmott saccheggia tutto il possibile per rendere appetibile la pietanza, giocando su meccanismi e caratteri visti innumerevoli volte, decifrabili dopo mezzo sguardo, serviti frullando tutto insieme nella speranza che qualcosa vada a segno. In questo senso, dopo una brevissima parentesi action iniziale, il pilot si può dividere idealmente in due parti. Una prima molto espositiva, nella quale scopriamo sistematicamente, tramite una serie di dialoghi rigorosamente tra due personaggi, i vari retroscena della vicenda, e una seconda nella quale subentra l'azione e vengono lanciati gli spunti per il proseguimento della storia. Senza dubbio il primo segmento è il peggiore: con così poche pretese, l'ultima cosa da evitare è il calo del ritmo. E invece qui spesso subentra la noia nell'assistere a momenti troppo prevedibili per interessare.
Il mondo di Dominion si preoccupa più di giocare sul già visto che di giustificare in qualunque modo la propria mitologia interna. In appena venticinque anni si è formata una società classista, che per chi non volesse spingersi più in là con la memoria è molto simile a quella di Hunger Games. Addirittura, per non sbagliare e per rendere tutto il più immediato e estremo possibile, le classi sono identificate da numeri, dove gli 1 sono rappresentati da una bambina emaciata identica alla Cosette di Les Miserables (davvero, ci si aspetta che da un momento all'altro inizi a cantare Castle on a Cloud), e la classe maggiore è rappresentata da politici senza scrupoli. Sempre in venticinque anni si è creato tutto un culto intorno al salvatore, un ordine di sacerdotesse (di cui fa parte la protagonista Claire, figlia del generale della città e innamorata del protagonista Christopher), ma anche delle Case Nobili, una più buona, l'altra cattiva, in lotta tra loro (guidate come interpretazioni dagli onnipresenti Anthony Head e Alan Dale). Nonostante quello che state pensando, il riferimento non è tanto a Game of Thrones quanto a Dune di Frank Herbert.
Sintetizzando, i caratteri dei protagonisti sono essenziali e immediati, con poco spazio a sfumature. Una semplicità che non giustifica tutto il minutaggio dedicato all'esposizione dei rapporti umani. La grande serietà – o "seriosità" – di fondo si scontra con un'esecuzione maldestra, che raggiunge il culmine nello scontro tra Michele e un angelo rosso con un casco che non può non far pensare a Magneto. Il pilot di Dominion non può assolutamente essere promosso, ma se alzasse il ritmo narrativo potrebbe anche diventare un leggerissimo compagno di viaggio per affrontare la calura estiva.