The Normal Heart: la recensione

Il commento a The Normal Heart: l'atteso film tv diretto per la HBO da Ryan Murphy, con un cast stellare

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C'è uno stacco tremendamente e spaventosamente simbolico tra la rappresentazione del mondo che vediamo nel lungo prologo di The Normal Heart, e quella che domina il resto del lungo film televisivo della HBO. Sole, mare, volti che sorridono, corpi tonici e nudi su una spiaggia. L'idillio viene improvvisamente spezzato da un uomo che cade a terra boccheggiante. Non torneremo mai più, nemmeno per un secondo, alla solarità di questo prologo, separato dal resto del film dalla scarna apparizione del titolo, ma continueremo ad annaspare, ad affogare nel racconto di quella che viene presentata e definita più volte come una vera piaga. The Normal Heart è un racconto crudo ambientato nella New York dei primi anni '80, in un momento in cui l'AIDS inizia a manifestarsi nell'indifferenza delle autorità e della comunità scientifica e nel tentativo di alcuni attivisti di portare il tema all'attenzione dell'opinione pubblica.

Non è la prima volta che la HBO affronta sotto forma di film televisivo l'importante tema del virus HIV e dell'AIDS. And the Band Played On probabilmente non sarà noto ai più, ma già nel 1993 raccoglieva un cast di tutto rispetto (Ian McKellen, Richard Gere, Angelica Huston) per raccontare l'indifferenza – o malcelato timore – degli States nei confronti della malattia. Ma il capolavoro sarebbe giunto esattamente dieci anni più tardi, con quell'Angels in America di Mike Nichols che riprendeva il lavoro teatrale di Tony Kushner e costruiva, a metà fra sogno e realtà, tra angeli e profeti, l'odissea urbana di alcuni personaggi affetti da AIDS (spiccavano nel cast Al Pacino, Meryl Streep, Emma Thompson). E sempre da un'opera teatrale, l'omonimo lavoro di Tommy Kramer del 1985, è tratto infine The Normal Heart, per la regia di Ryan Murphy.

La storia nella storia è quella di Ned Weeks (Mark Ruffalo), scrittore omosessuale che nei primi anni '80 si fa portavoce dell'intera comunità gay, che si batte con rabbia e costanza per portare allo scoperto l'epidemia in un contesto di relativa indifferenza. Ad aiutarlo nel difficile e frustrante compito vari collaboratori e amici, tra i quali spiccano Bruce Niles (Taylor Kitsch) e Tommy Boatwright (Jim Parsons). Fondamentale anche il rapporto umano e collaborativo con la dottoressa Emma Brookner (Julia Roberts), ma anche l'aiuto economico e la consulenza professionale che giungeranno dal fratello maggiore di Ned, l'avvocato Ben (Alfred Molina). The Normal Heart d'altra parte è anche il racconto di una semplice storia d'amore, quella tra il protagonista e il giornalista del Times Felix Turner (Matt Boomer) che pur nel suo carattere intimo e personale si intreccerà inevitabilmente con la tematica principale.

La vicenda narrata da Ryan Murphy (American Horror Story, Glee) tradisce la sua dimensione televisiva, ma prima di tutto teatrale, dipanandosi in cupi e grigi interni, accumulando confronti su confronti, dialoghi su dialoghi, spesso ripetendo concetti e situazioni fino allo sfinimento, ma senza concedere un attimo di tregua e senza perdere per un istante l'obiettivo centrale. Se lo scopo è quello di "vendere" – termine brutto, ma passatemelo – un concetto, la scrittura, curata dallo stesso Kramer, riesce bene nel suo scopo. Una scena esasperata dopo l'altra, un momento crudo dopo l'altro, la rabbia di Ned, praticamente la sua caratteristica principale, diventerà anche la nostra, e arriveremo ai titoli di coda con il desiderio di conoscere qualcosa di più su questo tema, ormai non certo tabù, ma forse al contrario troppo inglobato, troppo dato per scontato. La scrittura lavora a vari livelli sulle emozioni provocate, non giocando solo sulla banale empatia, ma aggiungendo come corollario la rabbia che dicevamo, il disgusto – la camera non edulcora, non si nasconde, non ci risparmia dettagli crudi – e la vergogna (nell'era reaganiana, parlare dell'AIDS significa parlare della comunità gay).

Questo è il tema dicevamo, e in un progetto di questo tipo probabilmente è il primo elemento da considerare in qualunque giudizio. Sotto questo punto di vista, The Normal Heart è una testimonianza forte, che non si nasconde, che non lascerà indifferenti, che chiede molto ai suoi interpreti, tutti all'altezza del compito. Se però poi volessimo scavare più a fondo potremmo dire che Ryan Murphy non ha esattamente la statura del grande autore, che l'accumulo di scene madri sicuramente aiuta il coinvolgimento, ma pregiudica il realismo delle singole situazioni (non della vicenda in sé), che la rappresentazione dei "cattivi" del film (dal funzionario della Casa Bianca, ai rappresentanti della comunità scientifica, allo sfuggente sindaco di New York) è troppo banale e di facile appeal e che, infine, chiunque abbia già visto l'ormai classico Philadelphia o il recente Dallas Buyers Club, per non parlare di Angels in America, non troverà qui nulla di sostanzialmente nuovo.

Ma probabilmente è ingiusto considerare The Normal Heart sotto questo punto di vista, e infatti come abbiamo detto ciò che risalta è altro. Il film vuole essere una nuova testimonianza su un tema di capitale importanza, un mezzo per veicolare nuova attenzione e curiosità verso di esso, e da questo punto di vista si può dire senza dubbio riuscito.

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