Turn 1x01 "Pilot": la recensione
La nascita delle spie durante la Guerra d'Indipendenza Americana: il commento al pilot di Turn
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Si tratta innanzitutto di un drama di ambientazione storica. Ancora una volta gli Stati Uniti d'America, ancora più giovani rispetto a quelli narrati in Hell on Wheels. Una nazione appena nata, che ancora lotta per la propria indipendenza nei confronti della madrepatria inglese. Sullo sfondo della Guerra d'Indipendenza prende quindi il via l'odissea umana di Abe Woodhull (Jamie Bell, il Billy Elliot dell'omonimo film), colui che, come recita la tagline della serie, diventerà membro del "primo gruppo di spie americane". A dirigere il lungo pilot di un'ora troviamo Rupert Wyatt, che qualche anno fa si era fatto notare alla regia del prequel/reboot del Pianeta delle Scimmie.
Turn offre un pilot abbastanza classico, scorrevole e ben realizzato, ma mai esplosivo o realmente emozionante. La prospettiva storica nello scontro tra "rossi e blu" stringe presto la propria visione su Setauket, New York, e sui suoi abitanti, inevitabilmente travolti dal conflitto ma decisi a non sottostare ad esso e a giocare un ruolo di primo piano nella guerra. La lente si concentra sullo sviluppo atteso del personaggio di Abe solo nella seconda parte dell'episodio, mentre la scrittura si prende il proprio tempo per introdurre relazioni, personaggi e contesto. Conosciamo quindi la famiglia di Abe: la moglie Mary (Meegan Warner) e il loro piccolo figlio, ma anche Richard (Kevin McNally), padre del protagonista e personaggio di spicco nella comunità. L'evento traumatico che sconvolgerà l'esistenza di Abe riguarda la sorte dei coniugi Selah e Anna Strong, ribelli ridotti al silenzio. Dalla prigionia alla libertà, Abe verrà avvicinato da qualcuno che, contando sulla sua apparente insospettabilità, lo convincerà a diventare una spia.La grande ambientazione traspare da scenari in più di un'occasione imponenti, che abbracciano un contesto che si è voluto ricostruire con attenzione. Fotografia curata e campi a volte enormi, anche se il momento di maggiore impatto coincide con un momento molto ravvicinato nel quale un soldato dà la morte ai nemici agonizzanti (momento che si ripete anche in conclusione come a chiudere un cerchio). Jamie Bell costruisce un buon protagonista, con i suoi dubbi e i suoi giusti ripensamenti, magari non carismatico o particolarmente eccezionale, ma credibile. Non si può dire lo stesso per la moglie Mary, che perde nettamente il confronto con Anna, mentre la presenza di McNally (che qualcuno si ricorderà per Pirati dei Caraibi) è un valore aggiunto in tutte le sue scene. Da sottolineare poi la presenza di Samuel Roukin, nei panni del "cattivo" ufficiale inglese, realmente esistito, John Graves Simcoe. Comunque cattivo per modo di dire: la contrapposizione tra americani e inglesi esiste, ed è chiaro che non siamo di fronte alla visione inarrivabile offerta dalla miniserie John Adams, ma per ora il pericolo buoni vs. cattivi sembra scongiurato.
Quindi una buona confezione e un soggetto interessante, che tuttavia si scontrano con una narrazione che non fa del ritmo incalzante il proprio punto di forza, ma che anzi si concede ad un certo rilassamento in più di un'occasione. Comunque si tratta pur sempre di un'introduzione, e con la minor durata dei prossimi episodi il problema dovrebbe rientrare. In conclusione una breve nota sulla opening: particolare, molto diversa come tono dal resto dell'episodio. Un'animazione creativa che mostra la rocambolesca fuga di un personaggio e alcune soluzioni tipiche da spia e che potrebbe ricordare i titoli di Prova a prendermi.