Peaky Blinders (prima stagione): la recensione
Il gangster drama di Steven Knight con Cillian Murphy e Sam Neill è un prodotto di alto livello
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La lotta tra gang coincide, o quasi, con lotta tra famiglie. Il nucleo protagonista è quello degli Shelby, comandato da Tommy (Cillian Murphy), che improvvisamente si trova tra il fuoco delle bande rivali e quello della polizia, guidata da C. I. Campbell (Sam Neill), agente nuovo in città e determinato a ripulire le strade. Collegamento tra i due è l'agente sotto copertura Grace Burness (Annabelle Wallis), che immancabilmente dopo aver stabilito un contatto con Tommy se ne invaghirà, ricambiata, mettendo a repentaglio la riuscita della missione. Da segnalare nel cast anche la presenza di Helen McCrory, nella vita reale moglie di Damian Lewis.
La regia di Otto Bathurst e Tom Harper è dinamica, ben costruita, spesso armonizzata con le musiche anacronistiche scelte per sottolineare un montaggio particolarmente significativo. Tra i tanti artisti scelti per la ricca e bellissima soundtrack citiamo soprattutto gli onnipresenti Nick Cave, White Stripes e Tom Waits. Funziona benissimo il cast: un nucleo di attori più o meno noti in grado di donare carisma a personaggi tutto sommato già visti (quanti poliziotti arrivati per ripulire la città abbiamo visto? Quanti gangster romantici e sofferenti? Quanti agenti sotto copertura tentati dal fascino del male?). Una fotografia d'epoca, svolte tipiche e personaggi caratteristici del genere potrebbero portarci a liquidare Peaky Blinders come l'ennesima variazione sul tema gangster. In parte ciò è vero, ma la serie di Steven Knight ha anche dimostrato, con una cura davvero ammirevole, di volersi distaccare dalla media confezionando un prodotto con una propria individualità. E riuscendo nel proprio intento.