The Walking Dead 4x04 "Indifference": la recensione

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Un elemento interessante che contraddistingue il mondo di The Walking Dead è la stasi. Dando per scontate morti varie e problemi di sopravvivenza quotidiani, un'invasione su scala planetaria da parte degli zombie significa anche questo. Fine dell'evoluzione umana, completo degrado, interruzione di ogni sviluppo: un contesto di questo tipo viene dato per scontato quando si parla di un film, in cui non c'è troppo tempo per approfondire un discorso, ma come si affronta in una storia spalmata su più stagioni? Certo, qualcuno sarà morto e qualcun'altro si sarà unito alla compagnia, ma l'universo alla base della serie della AMC è identico a quattro anni fa. Gli zombie non verranno mai combattuti e sconfitti, la cura e la causa stessa del male probabilmente non si scopriranno mai. Cosa rimane allora? L'unica cosa che può essere davvero sviluppata: il carattere e la vita, che nonostante tutto prosegue, dei protagonisti. Quando anche questo elemento viene meno e, anzi, regredisce, vuol dire che lo show si trova in seria difficoltà.

Mettiamola così. Se Rick fosse l'allenatore di una squadra di calcio, la sua società si troverebbe retrocessa già a metà stagione a causa delle sue scelte scellerate. La qualità di The Walking Dead ha raggiunto picchi di notevole intensità lo scorso anno solo per ritornare ad appiattirsi su se stessa in queste quattro puntate, fino ad aderire perfettamente agli stilemi del secondo anno dello show. Questa sensazione, percepita in maniera generale nelle scorse puntate, si afferma con forza in Indifference, quarto episodio dell'anno. Il problema è sempre quello: i dilemmi morali e l'incapacità di venderli allo spettatore, renderli vivi, pieni di sfumature o semplicemente interessanti.

Shane apre il fienile di Hershel ed elimina tutti gli zombie all'interno, Carol uccide due persone condannate a morte e destinate a diventare un pericolo per la prigione. Il tutto nello sconcerto dei coprotagonisti che però non è mai quello dello spettatore, pronto a recepire un cambiamento negli schemi morali che muovono le azioni degli esseri umani. E meglio sarebbe pensare che la decisione di Rick di allontanare una delle persone più fidate e utili del gruppo sia dovuta ad un inconfessabile rancore per aver cercato di istruire alla sopravvivenza i bambini di nascosto (ma non è così), piuttosto che, come la serie ci racconta, per aver preso l'unica decisione umanamente possibile.

I confronti verbali tra Carol e Rick sono interessanti e sono la miglior parte dell'episodio, ma sono costantemente velati da una scrittura che non si mantiene neutrale, lasciandoci liberi di giudicare, ma ci spinge a parteggiare per uno dei due. E ciò porta di riflesso ad un'altra considerazione: dietro la sua maschera di show coraggioso, violento, fuori dagli schemi, si nasconde una serie estremamente conservatrice che, episodio dopo episodio, si rifiuta di crescere e di abbandonare quella stasi (la prima è quella relativa alla crescita dei propri caratteri) che si diceva all'inizio. L'incredibile paradosso di una scrittura che condanna e allontana il personaggio che forse più di tutti ha dimostrato di saper crescere e cambiare nel corso delle stagioni.

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