Under the Dome (prima stagione): la recensione

Stagione deludente e povera di spunti: Under the Dome è una delle peggiori proposte dell'anno

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C'è qualcosa di triste nel veder passare un grande interprete come Dean Norris da Breaking Bad a Under The Dome. La serie ispirata al romanzo di Stephen King, anche produttore, giunge stancamente alla fine della sua prima stagione senza riuscire a mantenere le poche promesse dell'esordio e terminando come uno dei peggiori prodotti, anche rispetto alle aspettative pre-debutto, del 2013. Storyline confuse e poco accattivanti, interpretazioni quasi mai all'altezza, situazioni inverosimili e una generale sensazione di mancanza di cura da parte degli autori sono state le coordinate lungo le quali si è mossa la stagione in queste tredici puntate, fino a giungere ad un season finale altamente deludente e povero di spunti.

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Partendo dalla fine, Under The Dome tenta di raccogliere nel cliffhanger di fine stagione le tensioni dei due grandi blocchi che hanno dominato la scrittura della serie: quello legato alla natura della cupola e ai suoi vari misteri e quello più collegato all'aspetto sociologico e all'indagine sulle reazioni verosimili di una comunità sottoposta ad un simile evento. Nel tentare questa improbabile fusione di situazioni, che dovrebbe tirare le fila di quanto mostrato nel corso delle precedenti puntate, la scrittura dello show lascia che la prima, rappresentata dall'improvviso oscuramento della cupola, fluisca direttamente nella seconda, che vede il culmine dello scontro tra Big Jim e Barbie (non ci si abitua mai a questi nomi). Risultato è una serie che finalmente, attraverso queste due superfici, si specchia in se stessa e si vede piatta, vuota e senza contenuti, un po' come la visione che presenta a coloro che da fuori cercano di guardare all'interno di Chester's Mill.

Quasi paradossalmente, i molti difetti della serie non offrono spunti sufficienti a costruire un discorso articolato e che vada al di là della semplice elencazione fatta nel primo paragrafo. Se dovessimo trovare un'immagine che riesca a riassumere il tutto sarebbe questa: la cupola è sempre stata più viva della comunità che ha intrappolato. La cupola comunica, si oscura, si illumina, si arrabbia, cerca di aiutare – stando "alle sue parole" – ma lo fa attraverso un linguaggio tutto suo, che sarebbe stato necessario filtrare alla luce dei comportamenti e delle reazioni della comunità di Chester's Mill, che invece da parte sua non ha mai saputo attirare la nostra attenzione e interesse. Il personaggio di Junior Rennie (Alexander Koch) è emblematico: caratterizzazione confusa, interpretazione e carisma insufficiente, comportamenti improbabili. E tutto ciò incanalato in uno sviluppo che spesso si è perso in dinamiche quasi da procedurale, rendendo inutili, o comnque troppo dilungate, la maggior parte delle puntate.

Parlando del pilot mettevamo in guardia dal rischio di concentrare tutta l'attenzione sull'elemento mistery piuttosto che sullo sviluppo dei personaggi, e purtroppo questo è ciò che è successo. Under the Dome si allinea perfettamente a tutti gli epigoni sbagliati di Lost - a nulla è valsa la presenza di Jack Bender nella produzione - che negli anni precedenti sono apparsi in tv, e ne condivide tutti i limiti e i difetti: accumulazione di misteri nella speranza che questi bastino a invogliare lo spettatore alla visione e totale disinteresse nei confronti dei protagonisti.

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