Il lato positivo nel raccontare ancora una volta la storia di
Sleepy Hollow è l'aiuto che giunge nella rappresentazione e nella narrazione dalle molte versioni precedenti. Lo spettatore, che abbia letto il racconto originale di Irving, o che conosca l'adattamento contenuto nel classico Disney
Le Avventure di Ichabod e Mr. Toad oppure che abbia visto solo la versione di
Tim Burton, familiarizza automaticamente con l'orrorifica vicenda del cavaliere senza testa. Quello negativo, che in qualche modo rappresenta l'inevitabile altra faccia della medaglia, è il rischio di saturazione, di ripetizione di schemi visti e rivisti: in poche parole, di
noia. L'atteso adattamento realizzato dalla
Fox, che con il suo pilot ha fatto registrare numeri davvero
importanti, compie l'unico, apparentemente inevitabile, step che le consenta di affrontare la vicenda da una prospettiva diversa e familiare al tempo stesso: ambienta la storia ai giorni nostri.
Ichabod Crane è un soldato incaricato del compimento di una missione di straordinaria importanza nientemeno che da George Washington. Nel corso della Guerra d'Indipendenza contro l'Inghilterra, sui neonati Stati Uniti e, stando a quanto ci viene raccontato, sul mondo intero, grava una minaccia sovrannaturale, che ha le fattezze di un cavaliere senza testa con la divisa delle Giubbe Rosse. Dopo un feroce scontro, le due figure vengono in qualche modo catapultate nel nostro tempo: con diverse armi, diversi mezzi, diverse ambientazioni, prosegue lo scontro tra i due.
Se l'impianto narrativo alla base di Sleepy Hollow sembra richiamare, oltre ovviamente alla vicenda originale, anche altre meccaniche (è difficile non pensare ad
Highlander nella contrapposizione tra il bene e il male incarnati dalle due figure nel loro continuo spostarsi, attraverso flashback, tra presente e passato, e la stessa presenza nel cast di Clancy Brown sembra più che casuale), l'immaginario visivo pare invece rifarsi alla versione burtoniana. Pur lontano dai livelli straordinari delle scenografie di Heinrichs e, soprattutto, della
fotografia di Lubezki, lo show prodotto dagli inseparabili
Kurtzman e
Orci (
Fringe,
Hawaii Five-0) ne riprende colori, atmosfere e alcune soluzioni visive (fotografia fredda e cimiteri immersi nella nebbia da cui emerge il cavaliere).
Nei suoi quaranta minuti la scrittura del pilot lavora per accumulazione di situazioni, affiancando un frettoloso, forse troppo, storytelling, alle sequenze più ricche d'azione. La prima impressione, confermata anche dalle affermazioni rilasciata nel corso del panel all'ultimo Comic-Con, è che la mitologia oscura fatta di demoni, spiriti, streghe e quant'altro rivestirà un'importanza fondamentale nell'avanzare della storia, e che la disputa tra i due contendenti possa essere solo la punta dell'iceberg di un universo dark tutto da esplorare. Lo spirito che anima le sequenze è quello del regista Len Wiseman (che già aveva diretto il pilot di Hawaii Five-0): quello di action horror molto più caricato sul versante dell'azione che su quello dello spavento, come da sempre lo è la saga di Underworld.
I difetti maggiori invece vanno riscontrati tutti nelle innegabili
ingenuità della scrittura, da alcune caratterizzazioni non troppo originali a sviluppi un po' frettolosi (soprattutto l'inverosimile capacità con cui il protagonista si adatta al cambiamento d'epoca). E la stessa aura misticheggiante, che passa velocemente dall'immaginario fiabesco legato al folklore a quello metafisico e religioso che tira in ballo la Bibbia e i Cavalieri dell'Apocalisse, dà a volte la sensazione che la storia abbia fatto il passo più lungo della gamba. Un po'
Grimm, un po'
Gargoyles (c'è anche la poliziotta che affianca il protagonista e poi, tanto per non farci mancare nessun collegamento, anche lì appariva Clancy Brown come doppiatore) il pilot di
Sleepy Hollow non è esattamente memorabile, né presenta tratti particolarmente originali, ma funziona, intrattiene ed è molto chiaro e onesto nelle sue premesse.