Under the Dome: la recensione del pilot
Un pilot soddisfacente, che presenta con chiarezza i vari protagonisti e che mette molta, forse troppa, carne sul fuoco
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L'immagine dell'uomo intrappolato, schiacciato da pareti, invisibili o meno, tormentato da barriere che, oltre a spezzare i contatti con l'esterno, interrompono anche il normale svolgersi della vita sociale corre per tutto il Novecento. Dalle gigantesche cupole in cui veniva sprofondata l'umanità negli Abissi d'acciaio di Asimov, alla forza misteriosa che per alcune ore isolava gli abitanti del Villaggio dei Dannati, al citatissimo lungometraggio dei Simpson al quale tuttavia King non si sarebbe ispirato avendo ideato The Dome negli anni '70 (per chi ha buona memoria addirittura esiste una storia Disney degli anni '60 con la medesima trama, certo raccontata con ben altri toni), isolare gruppi di individui in base alle motivazioni più disparate è stato da sempre uno degli espedienti migliori per estremizzarne i comportamenti e farne emergere i caratteri più veri, quelli che prendono il posto delle maschere quotidiane in condizioni in cui le convenzioni sociali crollano.
E non è un caso che tutti i momenti più deboli del pilot vengano ricondotti al tentativo di caricare l'episodio di tensioni che risultano quasi estranee ed eccessive rispetto alla forza dell'elemento principale. Come se una misteriosa cupola trasparente, la cui origine in questo momento potrebbe essere ricondotta a qualunque cosa, e le reazioni immediate di questa sulla popolazione non fossero un perno sufficiente sul quale costruire, almeno per il momento, la tensione, lo show si lascia andare ad alcune esplicite frecciate allo spettatore, a segreti sussurrati da personaggi, cadaveri sepolti, promesse di rivelazioni e collegamenti futuri, addirittura ad un rapimento. Altra parentesi meriterebbe una scena splatter praticamente instant cult (in senso negativo) che mostra gli effetti della cupola.