Les Revenants: la recensione
Il commento della serie evento francese, tra atmosfere surreali e una splendida colonna sonora...
Dal 2017 sono Web Content Specialist l'area TV del network BAD. Qui sotto trovi i miei contatti social e tutti i miei contenuti per il sito: articoli, recensioni e speciali.
Se Twin Peaks avesse un erede, sarebbe questo. Les Revenants, piccolo grande miracolo televisivo del 2012, ha la bellezza cupa e mostruosa di uno scenario onirico dal quale è impossibile fuggire e nel quale può accadere qualunque cosa. L'ambientazione è quella di un piccolo paese nebbioso e grigio circondato dalle montagne, sovrastato da una grande diga, a testimoniare la vita solo poche case e una comunità di "prigionieri". Prigionieri del luogo, dal quale si sentono protetti ma che non riescono ad abbandonare, prigionieri di se stessi, delle loro paure, dei loro lutti, mai completamente elaborati. Ad un certo punto il precario equilibrio della comunità, sempre uguale a se stessa, viene spezzato: i morti ritornano.
Sono loro i revenants che danno il titolo alla serie francese. Bambini, soprattutto questi, legati ad un tragico incidente avvenuto alcuni anni prima, messaggeri di vita e di morte al tempo stesso. Come nel capolavoro di Lynch l'uccisione di Laura Palmer era soltanto l'evento scatenante di una serie di reazioni nella comunità, così il ritorno dei defunti mette a nudo le contraddizioni, i tradimenti, le debolezze dei vivi. Elemento comune del complesso mosaico narrativo è la presa di coscienza (non molto positiva, ma tant'è) dell'impossibilità di dimenticare, di andare completamente avanti, di cancellare in maniera ipocrita il passato e le proprie colpe. L'umanità, il desiderio di essere accettati e la ricerca del perdono sono dei legami che nemmeno la morte può spezzare: questo in sintesi ciò che la serie cerca di raccontare.
Ogni elemento tecnico, in armonia con gli altri, contribuisce a creare la stessa sensazione di oppressione e prigionia dei protagonisti, con una regia attenta a valorizzare tanto i piccoli dettagli quanto le stesse ambientazioni ossessivamente riprese ancora e ancora fino a creare un clima di chiusura. Gli ambienti, spesso oscuri, con i personaggi in penombra illuminati da una fotografia fredda richiamano alla mente le atmosfere di The Killing (anche in quel caso una serie spesso accomunata a Twin Peaks). La prova del cast – tranne un paio di eccezioni – nel complesso è grande, e dimostra, casomai ce ne fosse bisogno, come la giovane età non sia né una scusa né una discriminante per un'ottima recitazione.
Discorso a parte merita la splendida colonna sonora dei Mogwai. Pur non essendo uno dei lavori migliori del gruppo post-rock scozzese la soundtrack si sposa perfettamente con le immagini dello show contribuendo ad immergerci ancora di più nelle sue atmosfere claustrofobiche. Su tutto emergono le chitarre cupe e ossessive di Wizard Motor, l'inquietante e ritmico crescendo della opening Hungry Face e la più delicata e malinconica This Messiah Needs Watching.
Difetti? Se Les Revenants fosse stato progettato come una stagione unica e avesse creato un finale all'altezza delle prime, perfette puntate, a quest'ora staremmo parlando di un capolavoro. Purtroppo così non è e la decisione di rinviare ad una seconda stagione la risposta a tutte le maggiori questioni della trama lascia un pò di amaro in bocca, anche considerando come l'equilibrio, fino a quel momento gestito benissimo, negli ultimissimi episodi si sposti un pò troppo a favore della dimensione "mistery".