The Walking Dead 3x08, "Made to Suffer" (Fatti per Soffrire): la recensione
La terza stagione di The Walking Dead si chiude con un midseason finale che ci fa aspettare con trepidazione il 10 febbraio...
La sottile tensione psicologica del settimo episodio viene parzialmente sedata da questo Made to Suffer, in Italia Fatti per Soffrire, in cui molto spazio viene dato all'azione e ai brividi di un crescendo di rara intensità.
A guidarla è la vendetta. Il desiderio di far passare dei bruttissimi cinque minuti al padrone indiscusso della città a prova di zombi.
Il mattatore della puntata è, però, il Governatore, una figura ben più tragica, sfaccettata, ma non per questo meno deprecabile sia chiaro, della controparte fumettistica. A lui viene dedicato uno dei momenti più intensi dei 40 minuti di durata dell'episodio: lo vediamo, solo, fragile, emotivamente sfinito, mentre tenta di stabilire l'ennesimo contatto affettivo con la sua figlioletta zombi, che viene tenuta all'interno di una celletta nella stanza in cui lui tiene conservate le teste degli zombi.
Ed è proprio in questa stanza che avviene lo scontro con Michonne, in cui questa riesce ad avere la meglio conficcando un pezzo di vetro nell'occhio del Governatore in seguito alla collutazione nata dopo l'uccisione – definitiva – della piccola Penny da parte del personaggio katana munito. A salvare l'uomo, è il provvidenziale intervento di Andrea.
Tutte queste azioni portano, inevitabilmente, a delle reazioni. Non sappiamo ancora cosa accadrà nel carcere e con i suoi nuovi ospiti. Non sappiamo ancora cosa accadrà a Daryl e suo fratello Merle che si sono, infine, ritrovati. Anche se non nel modo in cui, forse, avrebbero auspicato farlo.
Quello che sappiamo è che la chiusura di questa puntata, seppur abbastanza prevedibile, lascia in ogni caso col fiato sospeso. Tutti noi c'immaginavamo che fra il gruppo di Rick e i “miliziani” del Governatore sarebbe presto arrivata la resa dei conti, ma vedere questo dispotico leader che prima dichiara di voler riservare agli abitanti del penitenziario lo stesso trattamento riservato ai soldati della guardia nazionale e poi da in pasto alla folla rabbiosa i due fratelli Dixon è un altro discorso.
In termini più generali, questi primo otto episodi della terza stagione di The Walking Dead confermano, e spiace dirlo, che la fuoriuscita di Frank Darabont dalle vesti di showrunner è stata una vera e propria manna dal cielo. Il dispiacere nasce dal fatto che Darabont è un autore d'indiscussa bravura quando si tratta di portare sul grande schermo dei romanzi di Stephen King, ma non altrettanto incisivo nell'affrescare sul piccolo schermo l'apocalisse zombi dei fumetti di Robert Kirkman.
Ad essere migliorati sono davvero tanti aspetti. Tanto per cominciare abbiamo le variazioni dalla pagina disegnata sono fatte con maggior criterio rispetto a quanto operato in precedenza – basterebbe appunto l'esempio macroscopico della figura del Governatore, ben più profonda e disprezzabile proprio in virtù della parziale empatia che può far nascere nello spettatore che nel fumetto – poi c'è il cast che, con la complicità di dialoghi e sceneggiature meno improbabili di quelle passate, offre delle performance davvero migliori, esoprattutto meno fastidiose, se paragonate a quanto visto in precedenza.
Ma, soprattutto, a ricevere finalmente il giusto peso è quel concetto che viene esternato anche da un banner pubblicato dalla pagina ufficiale dello show su Facebook. Bisogna combattere i morti. E avere paura dei vivi.
L'appuntamento è per il prossimo 10 febbraio.