Venezia 70: Night moves, la recensione
Night Moves di Kelly Reichardt è talmente freddo, talmente distaccato, talmente algido che alla fine è insostenibile e non coinvolge più...
Attivisti ambientalisti, frustrazione, senso di impotenza e l'idea di fare qualcosa di concreto, far esplodere una diga che crea problemi all'ambiente.
Purtroppo però Night Moves non si presenta come Il buco di Becker, cioè come una cronaca quasi documentaristica di un piano prima elaborato e poi messo in atto che lascia trasparire di colpo il coinvolgimento emotivo, ma più come un lavoro sbilanciato che prima pare non occuparsi dei protagonisti e poi ne tira dentro i problemi, le insicurezze e le emozioni in maniera forzata.
Non cerca il discorso più banale sull'ambientalismo, anzi, la Reichardt vorrebbe mettere in questione la vera morale di chi si crede migliore per gli ideali a cui sceglie di credere, ma il suo disprezzo per i personaggi è palpabile e non sfocia mai in una coinvolta tortura o in una presa di distanza ma più nel fastidio di trattarli.
Il motivo per il quale Night Moves è un brutto film poco riuscito è che si schifa di fronte all'idea di agitare i suoi protagonisti, non pare amare il racconto che fa e nel prendere le distanze (cosa buona e giusta) si allontana troppo, al punto che nulla pare interessante e anche quel che dovrebbe stupire suona noioso.