Venezia 70: Les Terrasses, la recensione

Il film che rappresenta l'Algeria nel concorso di Venezia è un affresco della società algerina talmente delicato da risultare impalpabile se non superficiale...

Critico e giornalista cinematografico


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Diverse terrazze all'ultimo piano di diversi palazzi di Algeri. Zone differenti, persone differenti, problemi differenti, realtà differenti. Attraverso l'unione che il montaggio fa di luoghi differenti di una medesima città Allouache cerca di raccontare cosa ne sia di Algeri e quali contrasti la animino. Ci sono i poverelli che cercano di tirare a campare, la lesbica massacrata di botte, la band che prova, un uomo che riceve donne con problemi di vita sessuale sulla medesima terrazza in cui si allena un pugile, una regista che vuole riprendere vedute della città nel palazzo in cui un gangster sta torturando qualcuno. Tutto è affrontato superficialmente e scandito dalle varie preghiere della giornata diffuse dai minareti.

Curioso che abbia proprio il titolo di un film di Scola un'opera così vicina ai suoi difetti (non voglio pensare che davvero questo film si rifacesse a quell'altro, così diverso), cioè dotata di quell'irrimediabile tendenza a creare dei personaggi stereotipici e poco approfonditi che anche nelle svolte inattese si rivelano prevedibili, capaci al massimo di passare dall'essere uno stereotipo all'esserne un altro. Una visione come unione di diverse semplicità per disegnare uno scenario.

In Les Terrasses una società è raccontata per luoghi comuni dimostra solo che Algeri non è troppo diversa dalle altre città del mondo ma decisamente non interessa.

L'unico scarto e l'unico punto interessante del film è il modo in cui tutte le storie sembrano in un modo o nell'altro tendere verso la morte violenta. Il sopruso, il suicidio, la vendetta o anche solo la minaccia compaiono tutte verso la fine e paiono essere la regola che distrugge la quotidianità, la vera piaga di una società in apparenza normalissima ma sotto sotto attraversata da tensioni pronte ad esplodere.
Sia chiaro, non c'è sentore o anche solo odore di morte nel film, c'è semmai la sua presenza effettiva in molte delle chiuse, non quindi una sensazione generale data da una certa messa in scena ma un fatto di sceneggiatura.

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