Venezia 70: Harlock: Space Pirate 3D, la recensione
Arriva la prima versione in CG (e in 3D) di Capitan Harlock ma la sorpresa meno attesa è quanto il personaggio rimanga sullo sfondo, come un mito da guardare da lontano...
Lo sapevamo già prima di entrare in sala che questa versione lunga e animata in CG di Capitan Harlock ne avrebbe riletto e modificato la leggenda, è prassi nipponica quella di adattare anche le fondamenta delle storie ad ogni loro nuova iterazione. Qui Harlock ha origini differenti, finalità differenti e un nemico differente. Ovviamente rimangono immutati look, atteggiamento e valori nel film di Shinji Aramaki a cui il creatore originale, Leiji Matsumoto, non ha preso parte in nessuna maniera.
La storia di Space Pirate: Captain Harlock è infatti raffazzonata, lunga e confusa, intrisa dei soliti temi (traumi passati, apocalisse, rinascita della natura, palingenesi, senso di colpa, fratricidio...) e di quella coolness alla giapponese che è un'esasperazione stilizzata del suo corrispettivo occidentale.
E' insomma un film di mantelli che svolazzano e ralenti questo in cui Capitan Harlock è più mito che personaggio.
Sembra che l'interesse di Aramaki fosse fare una space opera più che un film su Harlock, cosa abbastanza evidente dai tantissimi richiami di trama e visivi a Guerre Stellari (tutti presi esclusivamente da Episodio IV).