Venezia 69: Pinocchio di Enzo d'Alò, la recensione
D'Alò finalmente realizza il pinocchio che pianificava ma il risultato non va più lontano delle sue opere precedenti se non fosse per gli incredibili disegni...
La visione che Enzo D'Alò ha del cinema d'animazione è un misto di disegno dalle linee essenziali e sceneggiatura al limite del didascalico che sembra indirizzata a bambini degli anni '30 per tono, dialoghi e paternalismo. E' insomma un oggetto decisamente fuori dal tempo, totalmente diverso dall'animazione più commerciale (che guarda tantissimo al pubblico adulto) ma anche diverso dal classico disneyano degli ultimi 50 anni, che tratta i bambini come piccoli adulti e non come grandi neonati.
Stavolta è allora il reparto grafico a stupire. Alle matite c'è un team capitanato da Lorenzo Mattotti responsabile di character design, sfondi e invenzioni grafiche di prim'ordine che in certi momenti sembrano lottare in contrasto con il narrato. E' Mattotti a portare le uniche punte di dramma (con le scelte cromatiche e i suoi sfondi geometrici) anche quando la storia sembra annullarle, è lui a creare personaggi dai denti affilati e dai musi lunghi anche se hanno voci totalmente inadeguate.