Venezia 69: Enzo Avitabile Music Life, la recensione
Nel suo documentario sul musicista napoletano Demme non si nasconde dietro la macchina da presa, mescolando contenuto e racconto della sua realizzazione...
Chissà se Jonathan Demme, che al documentario musicale si è dedicato più volte, ha visto Passione di John Turturro (passato qui alla mostra di Venezia un anno esatto fa) prima di pensare e realizzare un documentario su Enzo Avitabile, figura sfuggente della musica folk mondiale, che partendo dalla musica che gli appartiene metodicamente l'ha contaminata con le radici dei ritmi e delle armonie delle diverse parti del globo...
Di certo non è un film su Napoli in sè ma più un film affascinato dallo scenario, che tenta di continuo, per compiere quell'impresa assurda che è raccontare la musica, di incastrare il personaggio nel luogo che lo rappresenta.
Per arrivare a questo un cineasta solitamente preciso come Demme non disdegna di mostrare i suoi operatori negli angoli delle inquadrature, nei riflessi degli specchi e nei controcampi, non disdegna insomma di sporcare il film mostrando i mezzi della sua stessa messa in scena, regista compreso.
Demme è spesso è inquadrato dall'operatore di supporto mentre manovra la videocamera principale (attenzione a quei momenti perchè quando si vede l'inquadratura che sta girando Demme è subito chiara la differenza tra un regista vero e un operatore), mentre corre per trovare l'angolo migliore e la cosa mescola con effetto straniante film e backstage, contenuto e racconto della sua realizzazione.