Transformers 3 - la recensione

Con distruzione e ambizioni blockbuster triplicate, tornano i giocattoloni Hasbro. Per fortuna però questa volta al centro di tutto ci sono di nuovo gli umani...

Critico e giornalista cinematografico


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Tutti quanti abbiamo voglia di lasciarci alle spalle Transformers: La Vendetta del Caduto, compresi produttori e autori. Il secondo capitolo della trilogia, figlio di mille problemi nonchè dello sciopero degli sceneggiatori, è stato senz'altro uno dei punti più bassi della carriera di Michael Bay (per quanto uno dei più alti per il suo conto in banca), ora il terzo aveva il difficile compito di tornare ai fasti dell'esordio e contemporaneamente di infondere nuova fiducia negli spettatori nei confronti del 3D. E, per quanto si è visto nell'anteprima stampa del film, i presupposti per farcela ci sono tutti.

Se il film originale rimane un mix ancora ineguagliato di intrattenimento, coinvolgimento, azione e idee visive, girato con una grande consapevolezza di se stessi e del proprio ruolo nel mondo del cinema (leggi: senza manie di grandezza), questo terzo recupera un po' di quello spirito e soprattutto rimette gli umani al centro del grande scontro tra robottoni.

Fortunatamente nella grande girandola finale che porta allo scontro titanico ad altissimo tasso di demolizione, sono di nuovo le piccole figure a contare, anche più che in passato, spostando l'asse dell'interesse dalle macchine con sentimenti agli uomini con sentimenti e conseguentemente anche l'idea di avventura. Non più una battaglia vera e propria tra pari quanto un'impresa impossibile compiuta dagli uomini per la salvezza del proprio pianeta.

Se un (finalmente) ottimo 3D fa il suo lavoro nel rendere la prospettiva e la profonda distanza tra uomini e macchine giganti, lo stesso si può dire del film che mentre riprende battaglie titaniche è sempre preoccupato di raccontare una storia parallela di piccoli Davide che abbattono grandi Golia.

Chi si preoccupava dell'assenza di Megan Fox, saprà farsi una ragione facilmente del fatto che a pronunciare poche battute e ad essere continuamente sballottata e salvata è un'altra donna dalle gambe chilometriche, mentre la vera novità che non ci si aspettava è l'ingresso determinante (non solo come ruolo ma soprattutto come presenza) di Frances McDormand. Dal lato non-umani invece è impossibile non notare come per la prima volta nell'animare un personaggio (Sentinel Prime) si sia cercato di imitare le fattezze del suo doppiatore (Leonard Nimoy) com'è uso nell'animazione tradizionale.

Il resto è Transformers, cioè grandi piani sequenza d'azione, moltissimo ralenti e un gusto tutto geek nel riprendere i mutamenti di forma meccanici delle macchine. In eredità dal secondo film inoltre rimane quello straniante senso di libera-macellazione per il quale negli scontri tra robottoni vengono mostrate cose che mai si mostrerebbero tra umani perchè troppo disturbanti per un film indirizzato a tutti i tipi di pubblico. I Transformers come niente si strappano via arti, si fanno esplodere le teste, si staccano le mascelle e via dicendo.

I robot non sono uomini certo, ma ne hanno la forma e l'olio simula il sangue, alla fine quindi la similitudine con la figura umana è talmente sottile da lasciare comunque un po' interdetti, davanti a simili allegoriche efferatezze.

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