Synecdoche, New York - la recensione

Un regista teatrale ipocondriaco e con problemi sociali pianifica un ambizioso progetto. L'esordio alla regia di Charlie Kaufman è interessante nella prima parte, insopportabile nella seconda...

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Recensione a cura di ColinMckenzie

TitoloSynecdoche, New YorkRegiaCharlie Kaufman
Cast
Philip Seymour Hoffman, Catherine Keener, Michelle Williams, Samantha Morton, Hope Davis, Emily Watson, Dianne WiestUscita? La Scheda del Film

Sarebbe facile pensare a Synecdoche, New York come a un ritratto diretto di Charlie Kaufman e dei problemi per un autore nel portare in scena una sua opera, sia a livello creativo che commerciale. Insomma, è semplice identificare il personaggio di Philip Seymour Hoffman con lo stesso Kaufman, in un cortocircuito di identità che rischia di non finire mai e con un tono funereo che va ben oltre quello del film. Semplice e probabilmente corretto. Perché a me piacerebbe molto pensare che Charlie Kaufman abbia voluto prenderci tutti in giro e adesso se ne stia al bar con gli amici ridendo per aver ottenuto 21 milioni di dollari con cui dar vita a un film che non vedrà nessuno e con il titolo più suicida dell'anno.

Purtroppo, la verità è che mentre le sue sceneggiature precedenti venivano rese spumeggianti grazie a grandi artisti come Spike Jonze (Essere John Malkovich, Il ladro di orchidee) e Michel Gondry (Human Nature, Se mi lasci ti cancello), qui il tono rischia di essere francamente insopportabile e quasi letale (astenersi persone in depressione, potrebbe essere fatale). E dire che l'inizio non era male. La descrizione della famiglia del regista (oltre a Seymour Hoffman, Catherine Keener e la piccola di talento Sadie Goldstein, vista già in Little Children) era molto interessante, così come le visioni del protagonista, che confondeva spesso fantasia e realtà. E alcune idee (la casa constantemente in fiamme, per esempio) fanno capire che Kaufman sa essere visionario anche dietro la macchina da presa, oltre che su carta.

Ma, semplicemente, due ore di film sull'alienazione mentale di un protagonista del genere sono insopportabili per chiunque non si trovi in questo stato d'animo estremo (che peraltro, nel caso, invece di stare di fronte a uno schermo dovrebbe farsi curare). Se l'idea era quella di spingere verso l'eccesso e di rappresentare i decenni che passano per i personaggi, l'obiettivo potrebbe dirsi raggiunto. Ma, più che altro, l'impressione è che la vicenda sia completamente slegata (forse anche a causa di diversi tagli al montaggio) e che comunque alcuni dialoghi forzati rendano la metafora decisamente meno potente di quanto fosse nelle intenzioni.

In tutto questo, si spreca uno dei migliori cast (in pellicole indipendenti o meno) che si siano visti negli ultimi anni. A parte Philip Seymour Hoffman (bravo come solito, ma merita ben altro materiale), la migliore è Michelle Williams, che dimostra di essere una delle migliori attrici della sua generazione, appellativo che vale anche per Samantha Morton. Interessante anche l'apporto di Tom Noonan, l'alter ego del regista, che gli appassionati ricorderanno nei panni del serial killer di Manhunter. Magari non sarebbe stato male vedere sfruttate meglio grandi interpreti come Emily Watson, Hope Davis e Dianne Wiest, ma nella complessità del film era facile dimenticarsele (e infatti...).

Insomma, un esordio francamente deludente e per cui sembra difficile vedere a breve un esame di riparazione. Cosa che, dovesse essere questo l'andazzo, non è neanche auspicabile...

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