Supercondriaco, la recensione

Non ha niente da invidiare alle nostre commedie non-divertenti il nuovo film di Dany Boon, non fosse per quello straordinario attore di Kad Merad che da solo regge un intero film

Critico e giornalista cinematografico


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Era da Giù al nord che Dany Boon non tornava assieme a Kad Merad, caratterista eccezionale, moderato nelle espressioni, minuzioso nel costruire personaggi ed inesorabile nei tempi. Non un comico al cinema ma un vero e autentico attore.

E' a lui che Supercondriaco deve le sue risate principali e quindi, alla fine, il riuscire ad arrivare alla meta finale nonostante la solita stantia messa in scena (quando qualcuno smentirà il fatto che ad una commedia caricaturale deve per forza corrispondere una messa in scena "sobria", che chiunque si sente libero di fraintendere con "brutta"?).

Questa volta è anche più sconclusionato del solito Dany Boon, scrive la storia di un ipocondriaco paradossale e lentamente abbandona lo spunto per trasformare il film nella ricerca di un'anima gemella attraverso lo scambio di persona. Il supercondriaco, dimentica le sue fobie verso metà film e si finge un altro per conquistare una ragazza, solo di tanto in tanto ricordandosi che il terrore delle malattie dovrebbe essere il veicolo del film e la caratteristica chiave del protagonista. Sono infatti i più tradizionali strumenti dello scambio di persona l'armamentario principale delle gag (unica variazione di gusto è il continuo proporre un'umanità ignorante che non sa chi siano i più famosi personaggi di Hugo o Hugo stesso).

Non mancherà la grande scena di sparo, fuga e azione comica finale, come già visto in Giù al nord, che non fa che ricordare quanto sia lontano Boon dalla modernità. Cosa avrebbe potuto fare in termini di intrattenimento e divertimento con scene simili un de la Iglesia o un Edgar Wright è il metro di cosa sia il cinema di commedia più vitale oggi.

E' quindi Kad Merad, intelligentemente messo da Boon sempre al suo fianco nel ruolo spalla del medico di fiducia, che riesce a rendere ogni gag, anche la più nota, prevedibile e facile un gioiellino. Con lui pure un tocco di telecomando per mettere il muto alla televisione diventa una perla esilarante. Perchè a differenza degli altri Merad, pur con un personaggio per nulla caricaturale nè comico di suo, riesce lentamente a creare un'aura grottesca e paradossale attorno al proprio corpo, fino a che anche una corsa fa ridere, anche un sorrisino o un portapenne lanciato.

Non è questione di saper recitare le battute ma di lavorare su un corpo comico che dia vita da un essere umano divertente e ridicolo in sè, un adorabile cialtrone, animato da buoni sentimenti ma flagellato da un piccolo grado di incompetenza e soggezione a moglie, figlia, sorella e madre che lo costringe a piccoli rimedi da cui fuoriesce l'esilarante.

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