007 - Skyfall, la recensione
Il terzo film di Daniel Craig nei panni di James Bond è l'ultimo di una trilogia di restaurazione del mito come lo conoscevamo. Il più bello a vedersi ma non il migliore in senso stretto...
Leggi la seconda recensione, di Nicolò Carboni
Accade con un film, uno dei pochi, diretto da una mano pesante e autoriale e fotografato probabilmente dal più audace, interessante e significativo direttore della fotografia attivo ad Hollywood, Roger Deakins. Il risultato conferma le aspettative per certi versi (l'entrata in scena di Bond, con il taglio di luce sull'occhio è non solo bellissimo ma anche perfetto per spiegare il tono del nuovo agente segreto, non più prima le donne e poi l'azione ma viceversa) e per altre si spinge anche oltre (la scazzottata nel grattacielo di Shanghai cita tutte le sigle di Saul Bass in un tripudio estetico e cinetico meraviglioso) ma non riesce a farsi mito nel senso stretto della parola. Immagini straordinarie che, non supportate da una storia a livello, faticano a entrare nel mito e rimanere memorabili.
Del resto è tipico del cerchio bondiano, quando un nuovo attore comincia il suo ciclo il primo film ne presenta le novità e le caratteristiche esclusive, ponendolo al centro e risparmiando in iperboli di scenari e villain (Casino Royale, Goldeneye...). Una volta che il nuovo Bond è noto e stabilito però cominciano le esagerazioni, così cattivi grotteschi e assurdi inseriti in scenari che devono essere sorprendenti a tutti i costi prendono il proscenio e diventano più memorabili delle gesta dell'agente segreto.
Così accade anche qua. Javier Bardem, minuzioso nella recitazione, raffinato nei movimenti e nel dare mille nuances al suo villain tradizionale, che come Fleming insegna si contrappone a Bond innanzitutto a partire dalla virilità, ruba la scena con la solita performance ineccepibile, ma il film ne risente.
James Bond e l'MI:6 stavolta sono raccontati come il passato che si contrappone alla modernità, il vecchio modo di proteggere la nazione (Martini, donne, macchine, licenze di uccidere gente in giro e abiti su misura) rispetto alle misure più moderne, informatiche e nettamente meno sul campo. Una contrapposizione che si vede innanzitutto dalla maniera "magica" e "deistica" con la quale è ritratta la tecnologia, ma non solo.
Tutto 007 - Skyfall è dominato dai discorsi sulla vecchia guardia e la diffidenza nei riguardi del nuovo, un viaggio all'indietro che inizia formalmente (con lo stile Moore) e finisce contenutisticamente, con un vero viaggio alle origini a bordo della vecchia Aston Martin DB5 (perchè Bond ha una vecchia Aston Martin di cui M non sa nulla che è piena di trucchetti??).
Ma il ritorno alle origini è una promessa da marinaio, perchè proprio il finale è la parte meno simile al cinema di 007, meno raffinata e più gretta, meno cosmopolita e più ombelicale, meno british e più americana. Un action movie buono ma poco in linea con le caratteristiche esclusive della saga.