Shadowhunters - Città di ossa, la recensione

Il nuovo tentativo di Hollywood di creare un franchise per il pubblico di Twilight si scontra contro l'incapacità di renderlo realmente memorabile...

Critico e giornalista cinematografico


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Discutere del livello di originalità di Shadowhunters sarebbe inutile e pretestuoso. Il film, è evidente, è derivativo al massimo da tutto quanto pare abbia funzionato nel cinema hollywoodiano per ragazzi degli ultimi anni (anche il suo essere saga letteraria e ora, forse, filmica viene dal successo di altri prodotti). Ciò che semmai vale la pena sottolineare è che a differenza di esperimenti simili il film di Harald Zwart è tanto carino quanto impalpabile.

La declinazione cinematografica di questo urban fantasy segue la moda del ritorno (moderato) degli anni '50, come già Beautiful Creatures, per mettere in scena un universo di riferimento molto diverso a quello cui siamo abituati, preso in dinamiche che ben conosciamo.

Poeti, scrittori, figure maschili emaciate e una protagonista femminile messa in una posizione non piacevolissima sono i principali motivi di stupore, i principali scarti rispetto al resto della produzione sul genere. Infatti se la ragazza come sempre è divisa tra due uomini appartenenti a mondi diversi, costretta a scegliere tra uno dei due e dunque, in un certo senso, prigioniera dell'impossibilità di vivere due storie d'amore al tempo stesso (quello sì sarebbe più divertente), questa volta il suo interesse palesemente più pronunciato nei confronti di uno dei due e le illusioni di cui nutre l'altro sono mostrati con il dovuto grado di colpevolezza (il non aver scelto causa il dolore di un'altra persona, ignara di non essere l'oggetto del desiderio che vorrebbe).

Peccato quindi che poi in maniera molto meccanica e con una precisione millimetrica ogni singolo personaggio abbia un altro da amare, cioè che nell'ottica di una concordia generale ogni personaggio trovi nella storia un'altra persona che lo aspetta, con cui accoppiarsi e sistemarsi in un trionfo di anime gemelle accoppiate come tessere di domino.

Non è però in questi elementi accessori il vero problema di Shadowhunters, nè nella maniera in cui si batte blandamente per rendere dinamica la consueta lotta con l'oscurità, quanto nel non avere una voce personale. A fronte di un'ambientazione originale, il resto della storia manca di un sussulto memorabile.

Tutto il film scorre con piacere fino al dimenticatoio, raggiunto poco dopo l'uscita dal cinema. Privo di momenti aspri, privo di impressionanti confronti o coinvolgenti unioni, privo insomma di quella tensione solleticante e puramente filmica che è riuscita a rendere storie comunque consuete come quelle di Harry Potter e Hunger Games dei film a tratti interessanti e di certo, visto anche il successo, memorabili, Shadowhunters è una saga action al femminile come molte altre.

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