[Roma 2013] Las brujas de Zugarramurdi, la recensione

Inesorabile, vitale, potente e straordinario come sempre Alex de la Iglesia gira un altro piccolo capolavoro di cinema divertente e di genere, godurioso e consapevole che per essere seri bisogna far ridere...

Critico e giornalista cinematografico


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Ridere, fare sesso, sparare, uccidere, evocare mostri e ancora ridere, mangiare, finire nei sotterranei, esplorare luoghi impossibili e inevitabilmente finire in un apocalittico scontro in cima a qualcosa. Il cinema di Alex de la Iglesia tenta di mettere in scena il godimento dello spettatore e in primis del regista, tutto quello che c'è di piacevole, divertente ed eccitante nel cinema che lui ha visto e amato entra nei suoi film e viene mescolato con una serie di dettagli e immagini potentissime che costituiscono l'anfratto che de la Iglesia riserva per sè e per ciò che vuol dire.

Gesù Cristo con croce annessa che imbraccia un fucile a pompa e rapina un "ComproOro" (in Spagna ce ne sono e sono identici ai nostri) aiutato da suo figlio di meno di 10 anni. Così, con quest'immagine potentissima inizia Las Brujas de Zugarramurdi, film scritto con Jorge Guerricaechevarria (lo sceneggiatore dei suoi film migliori), che mette un gruppo di uomini in un modo o nell'altro vessati dalle proprie mogli o fidanzate a contatto con un gruppo di streghe potentissime.

Il film sembra essere dalla parte degli uomini ma al tempo stesso mostra di non stimarli troppo. Un branco di deficienti succubi delle proprie controparti più intelligenti e sveglie, un po' vigliacchi e di certo molto inabili, si ritrova a battagliare con streghe femministe che desiderano l'annichilimento dei maschi puntando ad ottenerlo tramite un grande rito pagano. Inevitabilmente una di loro cadrà vittima delle debolezze tipiche del proprio sesso.

Alla fine il regista non prende nessuna parte davvero ma è contro tutti, come sempre nei suoi film animati da protagonisti che mostra di non amare troppo e che rendono le sue parabole realmente imprevedibili.

Essendo un film di Alex de la Iglesia al 100% purtroppo anche questo soffre di una certa difficoltà nel finale, lungo, largo e meno potente del resto del racconto, ma sono quisquiglie di fronte al ritmo impresso, alla perizia tecnica della messa in scena (come sempre impeccabili standard hollywoodiani) e alla quantità di trovate che non solo si susseguono con rapidità ma sono così ben dosate da lasciare le une spazio alle altre, senza soffocarsi a vicenda ma anzi esaltandosi.

In Europa solo Edgar Wright riesce a girare cinema di genere divertendosi (e divertendoci) in questa maniera, eppure il regista spagnolo mostra sempre di avere un'attenzione per i meccanismi più seri dei suoi racconti che la sua controparte inglese invece trascura, preferendogli i singoli personaggi e i loro vortici personali.

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