Prossima fermata Fruitvale station, la recensione
Cinema di impegno civile in teoria, attento ai fatti veri in teoria e teoricamente concentrato sulla realtà. Nella pratica invece la solita sceneggiatura pretenziosa...
Quello che chiamiamo "cinema di resistenza civile" oggi non somiglia per nulla al suo equivalente di una volta, siamo negli anni in cui i film flirtano pesantemente con i fatti reali, in cui i documentari stessi sono in gara con loro nella maniera in cui riescono a raccontare la realtà. Allora il cinema di resistenza civile deve ogni volta partire anch'esso dalla realtà, prendere qualcosa che è successo e metterlo in scena.
Come in una pessima trasmissione televisiva si scava nel suo passato, si mostrano i suoi familiari che saranno affranti dal dolore, si guarda quel che avrebbe fatto o stava per fare assieme al suo futuro che non si concretizzerà mai, all'ingiustizia che lo circondava e alla paradossale ordinarietà del contesto in cui è avvenuto l'incidente.
Il film inizia con la sua fine e poi riavvolge tutto per un racconto tradizionale, mostrando subito come il suo obiettivo sia un punto solo della storia: lo sparo. Concentrato com'è a lavorare in funzione di un momento preciso (addirittura fin dal titolo!), cerca di concedere il meno possibile allo spettacolo (a voler essere più iperbolici avremmo visto premonizioni, epifanie, visioni, paralleli con altre morti ingiuste più note ecc. ecc.) e il massimo alla realtà dei fatti. Peccato che è solo un desiderio e non una vera caratteristica del film.
Perchè Fruitvale station ha la scansione dei consueti racconti per immagini, non somiglia per niente alla realtà perchè somiglia troppo ai film, ha i suoi personaggi tipici e la sua tipica successione di eventi, legati da rapporti causa/effetto che sembrano presi dal primo capitolo del manuale di sceneggiatura americana.