Pirati! Briganti da strapazzo 3D, la recensione

La Aardman è una sicurezza. Contro il logorio del cinema tutto uguale torna l'animazione in stop motion dall'audacia creativa...

Critico e giornalista cinematografico


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Sebbene quasi tutti apprezzino "l'artigianalità" del cinema della Aardman, il fatto di poter intravedere il tocco umano sulla plastilina (che poi non è plastilina ma latex, molto meno poetico e più fetish) nei suoi cartoni in stop motion, il segreto di quelle produzioni è invece nella realtà che propone e nella visione demenziale e sovversiva delle sue storie.

L'animazione è un luogo affollato negli ultimi anni, popolato dalle vette inarrivabili Pixar, dai prodotti medi della DreamWorks o degli altri studi statunitensi, dalle follie giapponesi e dalla produzione indipendente e semisconosciuta (se non dagli appassionati) che viene dal Canada. In questo mondo la Aardman porta un'incoscienza che ha del sorprendete a simili livelli di budget e ambizione.

Pirati! Briganti da strapazzo 3D viene da un libro comico di Gideon Defoe che nemmeno aveva una storia vera e propria (motivo per il quale è stato pesantemente riscritto per lo schermo assieme all'autore stesso), ma aveva conquistato Peter Lord per l'umorismo incontenibile.

La visione del mondo, dei personaggi e della storie da raccontare viene prima di tutto dunque. Poi arriva il "filtro Aardman", quel misto di tecnica stop motion, avventure piccole che diventano epiche e personaggi di contorno al limite dell'inquietante. Infine una cornice tecnica da manuale (in cui si inserisce un 3D nativo ma poco determinante) che rende ciò che sulla carta è divertente, un film esilarante.

Questa volta al classico set per la stop motion la Aardman affianca green screen e pesanti interventi di computer grafica in postproduzione per finire in un ibrido tra le due tecniche di animazione, rendendo possibile il movimento di personaggi mossi frame per frame, accanto all'acqua o ai carrelli digitali.
Tutto ciò aumenta la prospettiva della storia, la inserisce in una cornice più grande, inserisce totali prima impossibili, sequenze aree e ovviamente marittime. Rende possibile e credibile in sostanza la deriva finale che dissacra con ancor più gusto la Regina Vittoria e Charles Darwin.

Il succo però rimane il medesimo di sempre: proporre una diversa dimensione di intrattenimento e figure di riferimento che non siano tanto "profonde" quanto portatrici di una visione differente della vita (ritorna un personaggio muto, come Gromit), non conciliate e immerse in una comunità lontanissima dalle solite figure e i soliti caratteri. Lo strano eletto a protagonista e a modello.

 
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