Paura 3D, la recensione

 

Con il loro primo, vero horror, il primo 3D e con la prima distribuzione in grande stile i fratelli Manetti cercano invano di mettere paura...

Critico e giornalista cinematografico


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Nonostante siano solitamente associati agli ultimi scampoli di cinema di genere in Italia, Paura 3D è il primo lungometraggio horror serio dei Manetti Bros. (Zora la vampira di certo non lo era) e siamo dalle parti del classico: tre ragazzi che fanno tutto quello che non si deve fare - fumano, bevono, rubano macchine e si intrufolano in case non loro per organizzare feste - e che per questo saranno regolarmente puniti dall'orrore che troveranno dietro (o meglio sotto) la patina della "buona società"

Nonostante la trama faccia pensare ad un sano splatter di gore ce n'è molto poco (qualche capezzolo strappato, una testa mozzata...) e di certo non impressionante; di paura pure non si abbonda (tutta la prima parte ne è totalmente priva e anche nella seconda è confinata in alcuni momenti), ma soprattutto a latitare è l'immaginazione. 

Paura 3D è un film derivativo nella sua accezione più ampia, guarda a tutti i modelli che possono essere osservati e ne ricalca trovate, idee e stratagemmi senza mai rivelarsi all'altezza.

Non è solo la trama ad essere in tutto e per tutto canonica (su quello non ci sarebbe nulla di male), ma le strategie messe in atto per terrorizzare sanno di abusato e sono prive di inventiva: un po' di paura del buio, qualche orco che arriva da dietro e tantissimo sfruttamento di quei canoni fissati dal cinema asiatico (in primis lo sguardo allucinato con i bulbi oculari rivolto verso il basso che fa bella mostra di sè già nella locandina). Non solo quindi latitano i meccanismi principali del terrore, ma anche un'idea più alta del perchè fare un film che spaventi e cosa quello spavento dovrebbe far pensare.

In nessun momento di Paura 3D si ha la sensazione che la macchina del terrore sia ben oliata, anzi costantemente si avverte quello stridio degli ingranaggi che rende fasullo ogni passaggio. Proprio nei momenti in cui l'intreccio si tende per far scattare l'ansia o l'angoscia, la cattiva recitazione, il pessimo montaggio e la coreografia delle scene "d'azione" levano ogni credibilità. Nei momenti cruciali sembra sempre di immaginare gli assistenti registi o il fonico dietro la macchina da presa.

Fanno eccezione Peppe Servillo, non solo ben diretto, ma anche molto ben scelto per il proprio ruolo, e un 3D che non solo è ben usato, ma in certi momenti ha anche un suo perchè.

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