Padak, la recensione

La sorpresa del Future Film Festival. Modellato appositamente su una parte della trama di Alla ricerca di Nemo (l'acquario) il cartone di Dae-hee Lee ne è l'opposto logico ed efferato...

Critico e giornalista cinematografico


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Con tutto l'amore per la Pixar e per Alla ricerca di Nemo (il cui statuto di capolavoro ovviamente non viene intaccato da un altro capolavoro di segno opposto), non si può non dare ragione anche a Dae-hee Lee e alla sua visione mista di violenza e poesia dei pesci in acquario. Una visione che l'autore stesso sembra proporre in netta antitesi con quella pixariana.

Padak racconta di pesci in un acquario, del microcosmo che si crea tra di loro, dei tentativi di fuga e delle dinamiche di affezione in uno spazio ristretto. E' palesemente la stessa materia che il film Pixar tratta per almeno metà della sua durata. Lo sappiamo noi, lo sa l'autore e proprio da questa consapevolezza si muove per cambiare le carte in tavola e mostrare che quell'ambiente, quei personaggi e quella situazione non sono divertenti, non sono simpatici, non sono eroici ma anzi è una tragedia immensa, la cosa peggiore che possa accadere ad un essere vivente.

La più grande differenza di partenza tra Padak e Nemo (e non è piccola) è che i pesci in questione sono nell'acquario di un ristorante, sono stati pescati o allevati per essere mangiati e attendono che i clienti li scelgano per essere presi e cucinati. Tutto intorno a loro dunque c'è morte. Morte nella cucina (che vedono dal vetro), morte fuori dall'acquario (per assenza di acqua), morte all'interno (gli danno da mangiare altri pesci morti che divorano senza pietà), morte nei loro ricordi e morte inevitabile nel loro futuro.

La molla che fa scattare il film è l'arrivo di un nuovo pesce, l'unico che sia stato in mare e l'unico dotato di un vero autentico istinto di sopravvivenza, la sua voglia di vivere è pazzesca e tragica al tempo stesso. Con la sua sola presenza gli altri (tuttaltro che simpatici e socievoli) cominceranno a cambiare.

L'animazione non è eccezionale, ma una volta tanto passa davvero in secondo piano perchè Dae-hee Lee sa come guardare le cose. E' un esempio perfetto la scena in cui il primo pesce è preso per essere cucinato. Lo si vede sul tagliere stordito da un colpo laterale di coltello per non farlo muovere e poi tagliato dal cuoco, una scena normalissima che diventa efferata e crudele solo in virtù della costruzione drammaturgica del film. Come se stessero tagliando un essere umano con la freddezza del cuoco. Un capolavoro di cinema.

Le idee sono moltissime (i pesci cucinati, sui piatti, muovono ancora la bocca e gli occhi) e con molta lentezza il film riesce a portare lo spettatore in un mondo in cui i propri simili sono mangiati, cannibalizzati, cucinati e squartati davanti ai propri occhi in attesa del proprio turno. In cui i tentativi più assurdi di scappare, anche i più suicidi, hanno un gran senso e nel quale, nella scena più forte, il protagonista in modalità berserk sbrana un gruppo i pesci pagliaccio rossi e bianchi, cioè di piccoli Nemo.

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