Pacific Rim, la recensione
Pacific Rim è tutto quello che un film sui mostri, sui robot e sulle persone che li pilotano dovrebbe essere, un universo completo che diverte e stupisce...
La recensione non contiene spoiler.
Pacific Rim è tutto quello che un film sui mostri, sui robot e sulle persone che li pilotano dovrebbe essere, è un universo completo che, sebbene derivativo (ma cosa non lo è oggi? Ben poco), soddisfa in ogni suo aspetto. E' un omaggio a mille cose tra cui Godzilla, Evangelion e persino H.P. Lovecraft (non dimentichiamo che Del Toro ha diretto questo film dopo l'immensa delusione dello stop a Le Montagne della Follia), ma è anche un film originale, una storia emozionante, un grande blockbuster estivo. E' tutto questo, e ancora di più: è un film di Guillermo del Toro, forse uno dei pochi registi in grado, oggi, di infondere con successo la sua poetica fantastica in un kolossal ad alto budget e rendere il tutto realistico e credibile (Hellboy: the Golden Army può bastare come esempio) senza mai perdere il controllo. Certo non mancano i difetti, in particolare una gestione troppo abbozzata di alcuni personaggi e, soprattutto, una colonna sonora davvero superficiale e priva di inventiva (vera e propria "nota stonata" del film), ma sono elementi trascurabili in un film che in diversi momenti lascia semplicemente a bocca aperta.
La trama, come detto, non è particolarmente innovativa (Pacific Rim è un Kaijū eiga e non vuole trascendere il genere, semmai celebrarlo), tuttavia è nei protagonisti che Del Toro concentra l'approfondimento, non tanto con i dialoghi ma con l'azione (in perfetto stile Hollywoodiano): le motivazioni e il carattere di Raleigh Becket (Charlie Hunnam) vengono presentate in un'unico prologo introduttivo e altamente spettacolare, così come i principali tratti del carattere di Mako Mori (Rinko Kikuchi, una delle sorprese del film assieme a Idris Elba, molto superiori a Hunnam) emergono in una commovente e impressionante sequenza che non possiamo definire propriamente un flashback. Grande carica drammaturgica la conferisce poi una trovata che è forse il punto forte del film: l'interconnessione neurale con la quale i due piloti di Jaeger si collegano tra loro, condividendo i ricordi e riuscendo a pilotare gli immensi robot. Quello che altri registi e altri film avrebbero trattato come un mero meccanismo narrativo, Del Toro lo trasforma nello scheletro e nel cuore stesso di Pacific Rim: è il mattone su cui vengono costruiti i rapporti tra tutti i protagonisti ma anche il carburante che spinge in avanti la storia.
Ben consapevole degli eventuali problemi di scala (perchè dovrebbe importarci il destino di un enorme robot di metallo?) e dei rischi di troppa azione (in alcuni passaggi si sfiora l'eccesso), Del Toro riesce a equilibrare perfettamente scene tra protagonisti e sequenze di combattimento tra Jaeger e Kaiju che lasciano senza respiro per intensità, inventiva e spettacolo. Non è solo merito degli effetti visivi (aiutati da una scelta stilistica ma anche pratica, quella cioè di ambientare praticamente tutte le sequenze di notte e sotto una pioggia incessante), ma anche e soprattutto dell'approccio realistico scelto da Del Toro: i Jaeger di Pacific Rim sono robot veri, e non solo perché sono stati costruiti all'interno di colossali capannoni da migliaia di operai sporchi e affaticati, o perché vengono pilotati da umani, ma perché sono ammaccati, pieni di fili e di carburante, possono spegnersi ed essere fatti a pezzi. Ed è anche questo che rende realistici i combattimenti con i Kaiju, in particolare la colossale battaglia di Hong Kong, forse uno dei momenti più incredibili visti al cinema negli ultimi decenni: il fatto che in ogni momento ci si chieda se questi robot saranno in grado di affrontare l'ignoto e uscirne sani e salvi, e l'umanità con loro.
"Più profondo è il legame, meglio combatterai," spiega Raleigh Becket all'inizio del film. E' un principio che Del Toro sembra aver preso alla lettera anche nella costruzione di Pacific Rim, e una lezione che molti registi dovrebbero imparare.
Una nota sul 3D: Pacific Rim è in assoluto il film meglio riconvertito dell'anno, se non degli ultimi anni. Guillermo del Toro si era battuto per molto tempo contro la riconversione, salvo cambiare idea un anno fa dopo aver visto dei test. Il vantaggio, in questo caso, è che il regista tende a girare inquadrature ampie e con una profondità di campo elevata, permettendo quindi agli stereografi di lavorare nel migliore dei modi. Inoltre gli effetti di scala vengono acuiti enormemente e il risultato è una delle esperienze 3D più intense mai vissute al cinema. Nel nostro caso, abbiamo visto il film in IMAX (è stato riconvertito in full frame, vale a dire che l'inquadratura occupa l'intero schermo): come sapete due sono le sale che proiettano film in IMAX digitale in Italia, e il nostro consiglio, se volete immergervi completamente nel mondo di Pacific Rim, è di andare a vederlo in questo formato.