Venezia 69: Outrage Beyond, la recensione

Immobile, inespressivo, eppure dinamico e comunicativo Takeshi Kitano ripropone la sua maschera yakuza, ma manca tutto il sapore, come da ormai troppo tempo...

Critico e giornalista cinematografico


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E' con una continuità stilistica fortissima che Takeshi Kitano porta avanti il suo film precedente, Outrage, con questo Outrage Beyond.

Se ne ritrova la sequela omicida montata con incredibile freddezza, l'insistenza sugli intrighi della yakuza guardati come fossero dinamiche aziendali, ritorna anche il trapano e ritornano i mignoli staccati. Beat Takeshi pure è sempre lui, silenzioso e spietato, arrogante e sbrigativo.

Anche in Outrage Beyond si ride dell'umorismo improvviso e si salta alle consuete esplosioni di violenza. Ad essere precisi forse questo secondo film riesce a trovare uno sguardo sulla mala giapponese che, seppure lontanissimo da quello sognante e delirante dei primi anni, ha una sua personalità e una suo fascino, molto fondati sulla scelta di un finale sospeso.

Ad essere grossolani invece Outrage Beyond non si allontana troppo dalla china discendente del miglior Takeshi Kitano. Dopo tre film deludenti che avevano al centro proprio la mancanza di ispirazione e un ritorno allo yakuza movie, di nuovo un altro film in cui c'è tutto Kitano ma senza sale. Una storia di tradimenti e vendette, di amarezze e solitudine che non ha mai la forza eversiva del Kitano più spiazzante (Sonatine) o più commerciale (Zatoichi) e nemmeno un'idea diversa e nuova sui propri luoghi comuni (Kid's return o L'estate di Kikujiro).

Come pochi Takeshi Kitano è riuscito a creare una maschera unica: la propria. Fondata su un volto dall'espressività immobile eppur comunicativo, su eccessi di violenza grotteschi e su una capacità di piegare sempre il medesimo genere, quello dei gangster, a qualsiasi improvvisa ispirazione (oggi più che altro comica, una volta anche drammatica, filosofica e goliardica).

Questa maschera per definizione non perde di senso, ogni volta che Beat Takeshi è in scena è una meraviglia, tutto sembra tornare ad avere senso, ma l'impressione dopo un po' è che si tratti di un rumore di fondo originato 15 anni fa, che si rida o si provi interesse per idee e trovate che stanno nei ricordi e che lo schermo fa ricordare come una madeleine.

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