Non buttiamoci giù, la recensione
La più alta delle intenzioni, fare una commedia sul suicidio, porta alla peggiore delle realizzazioni. Melassa e incongruenze da far invidia alla prima serata di Rai1...
Davvero difficile immaginare un film meno riuscito rispetto ai propri intenti, davvero difficile immaginare un adattamento così pietoso della prosa di Nick Hornby.
Si racconta di 4 aspiranti suicidi che si incontrano sul tetto di un palazzo, ognuno è lì con l'intento di buttarsi. Non lo faranno per pudore e anzi cominceranno a frequentarsi come un gruppo di bambini, stringendo surreali patti e andando in vacanza insieme. I 4 suicidi sono così depressi che nella loro vacanza a Tenerife ridono e scherzano in acqua, vanno a donne, si dichiarano sentimentalmente e ballano sulle note di I will survive.
Un piccolo screzio li allontana ma non appena qualcuno sta male subito gli altri accorrono in una serie sconclusionata di altri eventi che portano per fortuna alla fine del film. Non dimenticano mai la loro etichetta ("aspiranti suicidi") ma continuamente paiono non curarsi dell'atteggiamento che questa categoria imporrebbe.
Che cosa sia successo nello sceneggiare questo film è un mistero, come sia stato possibile pensare che 4 personaggi simili potessero stringere relazioni significative o anche solo plausibili per il breve lasso di tempo che dura un film, è incredibile. Non buttiamoci giù è uno degli esempi più significativi del peggior cinema all'europea, quello in cui l'unione di un regista francese (proveniente dal pur bello Il truffacuori) e una produzione britannica dà vita a cinema scaldacuore della peggior specie, quello che non ha interesse nella stimolazione delle sensazioni più profonde nella maniera più sottile ma che mira unicamente a riproporre le più epidermiche stimolazioni sensoriali, buone per un pubblico privo di stima in sè.