[TFF 2013] La mafia uccide solo d'estate, la recensione
L'atteso esordio di Pif è in linea con i suoi recenti lavori televisivi, mostra una vitalità superiore alla media dei personaggi televisivi trasportati al cinema, ma non stupisce realmente...
C'è un'indubbia coerenza nella maniera in cui Pif passa da televisione a cinema, cioè nella maniera in cui traduce il tono che tiene in tv (negli ultimi tempi) in film. Quella sorta di crossover tra impegno e comicità grossolana, tra serietà e facezie La mafia uccide solo d'estate lo applica alla stagione della lotta alla mafia degli anni '80 e '90, l'emergere di Totò Riina e i molti omicidi che si susseguirono in quel periodo. Non a caso tutto nasce dal co-sceneggiatore Marco Martani a partire da una puntata di Il testimone, centrata sulla mafia.
Innanzitutto questo film ha una chiara visione storica, mette in ordine i fatti e in prospettiva gli eventi. Quegli anni sono per Pif un periodo chiaro (o meglio che lui intende chiarire attraverso una lettura storica, necessariamente semplificando), in cui è nata effettivamente la lotta alla mafia in senso moderno e in cui i siciliani stessi sono stati messi di fronte all'evidenza pubblica della sua esistenza.
Tutto questo ovviamente è fatto all'interno della cornice di un film sentimentale, raccontando la storia del proprio personaggio da quando è bambino e ha il mito di Andreotti fino a quando è post-adolescente e cerca di conquistare la ragazza di cui è innamorato. In una maniera o nell'altra, in tutti i momenti chiave della sua vita, ci rientra la mafia, spesso e volentieri passando per momenti eclatanti della cronaca.
E' evidentemente un modo per fare una parastoria, intorno a Pif stesso e a Cristiana Capotondi passano il generale Dalla Chiesa, Falcone, Borsellino, Salvo Lima e via dicendo, orbitano intorno a loro, li sfiorano, li guardano e sono comprimari dell'esistenza dei protagonisti.
Il modulo filmico scelto da Pif è dunque quello di rendere queste figure storiche dei caratteristi in una commedia abbastanza tipica. Ovviamente ci sono anche diversi inserti più cronachistici che sfruttano il materiale d'epoca (ben integrato con quello di finzione) ma nulla di esagerato e invadente.
Invadente invece è purtroppo la moralina. Impossibile avere nulla a che ridire con le conclusioni di Pif, ma forse proprio il dire quel che tutti quanti pensano senza aggiungere molto è ciò che risulta ridondante e molto canonico, almeno a fronte di alcune premesse (il già citato ruolo dei protagonisti rispetto alla Storia che gli fa da comprimari) che lasciavano sperare in qualcosa di più.
Certo Pif è regista nullo e le uniche idee paiono essere di scrittura, tuttavia, almeno fino a tre quarti La mafia uccide solo d'estate riesce a brillare un po' di una luce che è propria e non riflessa su nessun altro film precedente.