Io sono tu, la recensione
Il classico viaggio di una coppia disfunzionale copre la sua non originalità con un espediente di modernità, il furto d'identità, ma inevitabilmente finisce nel buonismo poco divertente...
Costruito e promosso per cavalcare una delle molte "novità" della modernità, il furto d'identità, reato e quindi termine di moda, paravento d'originalità dietro il quale costruire una trama estremamente canonica da road movie di coppia, che mette insieme i consueti opposti: preciso e portatore di caos, Io sono tu mette Jason Bateman a confronto con Melissa McCarthy, per esaltare il talento comico della seconda senza sfruttare le capacità del primo, relegato a mera spalla.
Continua insomma la lenta china discendente di Seth Gordon, regista esploso con lo straordinario documentario King of Kong, poi acquistato dal cinema di Hollywood più becero con Tutti insieme inevitabilmente (commedia sul Natale molto più originale di quel che sembri con più di un livello di lettura e non poche arguzie), passato per la tv con la guest direction di diverse serie comiche e poi di nuovo al cinema con il suo maggiore successo, Come ammazzare il capo... e vivere felici (comunque non a livello di Tutti insieme inevitabilmente), è ora disceso al film-veicolo, ovvero quelle pellicole pensate intorno a un attore e al suo tipo di comicità per sfruttarne il successo momentaneo.
Sceneggiato da uno degli autori di Scary Movie, Io sono tu non rimesta nello squallido come la saga che parodia l'horror ma ne ha tutta la superficiale innocenza. Se la McCarthy con i suoi lineamenti fuori dal comune doveva incarnare il devastante, il diverso, l'eccessivo e l'anarchico (almeno questo sembrava fare in Le amiche della sposa e questo sulla carta sembra il suo personaggio in Io sono tu) l'obiettivo è totalmente fallito. La sua ladra d'identità senza nome è una fuggiasca tra le più innocenti e una casinista tra le meno sofisticate. Se invece non doveva essere così è ancora più triste.