Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, la recensione
Umorismo svedese in una storia paneuropea che vuole essere il Forrest Gump di questo continente ma somiglia più alle comiche anni '30
E' stato un piccolo caso editoriale e ora (sperano) cinematografico quello di Il centenario che saltò dalla finestra e scomparve, libro che pochi anni fa è uscito dai confini svedesi con l'eco delle sue vendite, arrivando a contagiare buona parte del mercato editoriale europeo, così tanto da meritarsi un adattamento filmico.
La storia è quella di Forrest Gump, cioè un mezzo cretino che attraversa il '900 europeo dal franchismo a Stalin fino al doppio gioco nello spionaggio della guerra fredda, in ogni caso interpretando ruoli determinanti a sua insaputa.
Tuttavia la storia di Allan Karlson è diversa da quella di Forrest Gump perchè non è un'epopea sentimentale. In pieno accordo con lo spirito storiografico del cinema americano il film di Zemeckis rilegge la seconda metà del novecento statunitense passando non per i fatti ma per gli effetti che i fatti hanno avuto sulle persone, invece la storia del centenario passa proprio per i fatti, mette in scena le stanze in cui vengono prese decisioni e poi i luoghi in cui queste decisioni sono messe in atto, con il protagonista a portare una paradossale forma di caos comico che spinge gli eventi nella direzione che conosciamo. E' la grande storia formata da piccoli momenti determinanti in cui l'idiozia gioca un ruolo centrale.