I sogni segreti di Walter Mitty, la recensione
Quasi nessuna comicità, un po' di scene iperboliche per attirare pubblico e molto spiritualismo laico di facile presa. Il quinto film di Ben Stiller è davvero poca cosa...
E siamo a 5. Cinque film diretti da Ben Stiller, 5 titoli molto diversi fra loro ai quali ora si aggiunge questo remake che non è tale (un giorno poi parleremo diffusamente di quanto sia sbagliato definire questi anni privi di idee se poi dei molti remake che vediamo quasi nessuno è uguale all'originale), un film con molta poca commedia e parecchio spiritualismo laico.
A farne le spese stavolta è solo la modernità. Walter Mitty si occupa dell'archivio fotografico a Life la prestigiosa rivista fotografica americana, lo fa da almeno 15 anni e ora è arrivato il momento della chiusura e trasformazione in testata solo online. Davanti a lui chiude un mondo e un mito della fotografia, tutto passa al digitale mentre lui maneggia ancora i negativi e intanto gli incaricati di operare la transizione (esseri umani tra i più beceri ed ignoranti che possiate immaginare) pianificano di rovinare tutto. C'è però ancora un'ultima foto da preparare, quella che sarà l'ultima copertina della rivista, il negativo l'ha inviato il grandissimo Sean O'Connell, fotografo avventuroso e inafferrabile. Negativo che però non si trova e per trovarlo Walter uscirà per la prima volta dal suo guscio alla ricerca avventurosa di O'Connell nei luoghi più impervi del mondo, scoprendo un'altra realtà.
Non vuole proprio far ridere Ben Stiller questa volta (solo in pochi, azzeccati e isolati momenti), ma il canto del suo mondo al tramonto mentre un personaggio rinasce non è all'altezza del peso della profondità che desidera. Con uno sfoggio di paesaggi degno di miglior causa e un certo divertimento a prendere in giro pupazzi di paglia inesistenti (ancora a canzonare le relazioni virtuali sui siti di dating quando sono uno dei motori più importanti per la conoscenza reale, nonchè matrimoni reali??) I sogni segreti di Walter Mitty è un polpettone abbastanza deludente e facilmente dimenticabile che svela un'anima più semplice di quel che lo stesso Stiller vorrebbe ammettere.