I padroni di casa, la recensione

Senza pietismi o buonismi di sorta Gabriellini gira un film per molti versi sorprendente ma purtroppo incapace di andare fino in fondo e sfruttare le molte buone idee messe sul tavolo...

Critico e giornalista cinematografico


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Valerio Mastandrea e Elio Germano fratelli. Com'è possibile che nessuno ci avesse pensato prima?

In I padroni di casa è animato da una serie di intuizioni a metà tra la scrittura e il casting che hanno del sorprendente. Non solo la sopracitata coppia di attori presi a fare due fratelli, ma anche la dinamica tra i due che vede il giovane come quello più responsabile e svelto e il vecchio come quello sempre appeso al giovane, che crea problemi e non è capace di gestirsi. Di fronte a loro, a fare da muro che gli rimanda situazioni o battute e che scatena tutta la trama, c'è Gianni Morandi nella parte di un finto Gianni Morandi, un cantante che una volta aveva un successo mostruoso, che si è ritirato sulle montagne da anni e adesso progetta una nuova tournée con entusiasmo ed egocentrismo.

La trama è presto detta, i due fratelli gestiscono una ditta edilizia e sono chiamati a fare la pavimentazione nella villa del cantante. Da Roma vanno in montagna e staranno lì qualche giorno per fare i lavori. Qualche giorno implica anche frequentare i locali, cioè i padroni di casa del luogo.

A fronte di tutto questo però I padroni di casa non riesce a trovare il proprio senso, anche se sembra sempre lì a portata di mano. E' un film molto intelligente, ben girato e superbamente interpretato, mai spocchioso o pretenzioso e anzi volenteroso di guardare con inedita acrimonia, l'Italia della provincia, delle piccolezze e della quotidiana bastardaggine senza dare giustificazioni o accampare scuse per scaricare la responsabilità altrove. Gente brutta che fa brutte cose.

Eppure più I padroni di casa avanza più si ha la sensazione che tutto quel ben di Dio non sia ben organizzato per creare quel senso che anche il pubblico avverte essere lì ad un passo ma Edoardo Gabriellini non riesce a far emergere come ci si aspetterebbe. E quando verso la fine la trama vira sul thriller (più o meno), suona come una scelta di necessità e non una di opportunità.

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