Happy Feet 2 - la recensione
Dotato dei medesimi difetti di noia e sceneggiatura scricchiolante del primo film, questo sequel non si salva in nessun modo...
Da Mad Max ad Happy Feet, dagli sconfinati deserti postatomici alle sconfinate distese di ghiaccio in procinto di sciogliersi del preapocalittico.
Già il primo film con pinguini danzerini era stato uno dei cartoon più noiosi della sua annata, ora questo seguito torna a ribadire la noia in sala giustificata da una morale di ferro (ecologia, sensibilizzazione infantile) e da un senso generale di cuteness verso i piccoli pinguini batuffolosi che dovrebbe sanare tutto.
Rimesso in carreggiata di tanto in tanto da qualche battuta di Robin Williams (qui doppiato da Massimo Lopez per il pinguino spagnolo e da Pierfrancesco Favino per quello stralunato) e ammazzato da estenuanti riferimenti ecologici e un insensato 3D, questo film animato sembra non essere nulla pur volendo essere tutto.
Con due krill a fare la parte dello Scrat dell' Era Glaciale (l'intermezzo slapstick tra le avventure principali) e qualche pixarismo mai veramente curato (il senso di abbandono e separazione di un personaggio molto piccolo di fronte al molto grande) Happy Feet 2 si propone come il gregario d'eccellenza, che guarda ai modelli più alti senza raggiungerli, che non riesce mai a intrattenere davvero ma che lo stesso tenta disperatamente di farsi vedere. E in tutto questo affanno dimentica anche quale dovrebbe essere il cuore del film (pinguini che ballano), recuperando tutto in extremis all'ultimo minuto.