Emperor, la recensione
Film patinatissimo, tutto uniformi stirate e formalismi, una coproduzione nippoamericana dedicata a un momento meno noto della storia dei due paesi...
Hollywood ha una grandissima tradizione nello scrivere il passato, cioè nel pescare aneddoti, fatti o momenti dalla grande storia e metterci una lente d'ingrandimento sopra per raccontarne il dietro le quinte, portando così a tutti la propria visione della storia (che per ovvie ragioni tende poi a diventare facilmente quella dominante). Nel caso particolare Emperor racconta cosa sia successo alla fine della Seconda Guerra Mondiale quando l'esercito americano dovette lavorare per la ricostruzione del Giappone e per l'assegnazione di pene e colpe a generali dell'esercito e funzionari governativi. Chi attaccò Pearl Harbor? Che ruolo ebbe l'imperatore? E andava egli processato?
Con dovizia di ricostruzione di vere figure somiglianti, veri rapporti e false conversazioni assieme a false intenzioni, Emperor è una coproduzione nippoamericana, il cui fine è dunque prendere un episodio di buona collaborazione tra i due paesi in un momento difficile e renderlo ancor più intenso, commovente e pregno di valori internazionalmente condivisibili.
Affidato a Paul Webber Emperor trabocca di pulizia formale, uniformi stirate, espressioni militari di Tommy Lee Jones (esiste un volto più marziale di quello di quest'attore oggi?) effetti speciali dozzinali (ma limitati al minimo indispensabile per la ricostruzione delle macerie) e un certo trionfalismo nazionalista (questo sia in ottica americana che nipponica) che si intuisce essere stata la base su cui è stato progettato tutto il film. E' la storia dei libri del liceo (o delle medie) e non certo quella dei libri d'università, quella dei vincitori che non tiene conto della complessità ma mira a dare una visione d'insieme per sineddoche, attraverso un piccolo episodio di un uomo solo che lotta contro una mentalità per fondere spirito americano a esigenze nipponiche.