Drift - Cavalca l'onda, la recensione

Oltre un ottimo inizio c'è poco in Drift. Poco per gli appassionati di surf, poco per il appassionati di film sportivi, poco per gli appassionati di cinema...

Critico e giornalista cinematografico


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Ha un inizio folgorante Drift, bello come raramente capita in questo genere di film. Un ragazzo ruba le chiavi della macchina al padre che dorme, seguendolo sgattaiolare scopriamo che lo sta facendo per fuggire assieme al resto della famiglia, e dalla reazione del padre capiamo che è una storia di paternità violenta. Dopo un bel montaggio del viaggio in macchina arriva la prima scena di surf, in cui fermi a margine della strada i due bambini approfittano della pausa per tentare di cavalcare le onde, uno meglio dell'altro, e proprio quando questo, il minore, a sorpresa entra con la tavola nel tunnel formato dall'onda, dal bianco e nero si passa al colore e dal tunnel il personaggio esce adulto.

Drift non sarà mai più bello di così per tutta la sua durata.

Il resto del film è più simile a quel che promette: una storia vera messa in immagini con i consueti buonismi, le consuete implausibilità (considerato che dovrebbe essere vera) e le consuete concessioni alla solita drammaturgia che la allontanano moltissimo dal suo essere "vera" e l'avvicinano all'essere semplicemente "banale". Ah! E la consueta comparsata di un attore molto noto, Sam Worthington, con un personaggio marginale inspiegabilmente presente quanto quelli principali.

Si racconta di due fratelli (quelli dell'inizio) e di una maniera per uscire dalla povertà attraverso l'ingegno personale e l'amore per il surf nell'Australia degli anni '70, quando lo sport stava uscendo dall'ambito delle controculture per diventare qualcosa di mainstream.

Non c'è da aspettarsi nulla di eccezionale dal comparto visivo, tanto quanto non ce lo si aspetta da quello narrativo. Non c'è grande surf nè c'è una maniera di guardare alle disavventure melodrammatiche dei due fratelli che cambi qualcosa o sia anche solo in grado di animare il film delle caratteristiche del miglior cinema sportivo (quello in cui la forza e la tensione mentale consentono il superamento dei limiti fisici).

Della tensione verso la realizzazione personale, nonostante ci sia molto a parole, c'è insomma ben poco a livello di sensazioni. Poco convincente e coinvolgente Drift, per come smussa e leviga qualsiasi spigolo e per come evita qualsiasi sorpresa, è un film buono per chi ha piacere ad addormentarsi davanti alla televisione la domenica dopo pranzo.

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