[Cannes 66] Muhammad Alì's greatest fight, la recensione
Nella sezione proiezioni speciali arriva un tv movie HBO inspiegabilmente passato in un festival come questo. La lotta di Muhammad Alì per non andare in guerra per esaltare l'America...
La più grande lotta di Muhammad Alì non è quella contro Foreman a Kinshasa, come racconta Quando eravamo re, ma quella contro gli Stati Uniti per affermare il proprio diritto a non prendere parte alla guerra in Vietnam. Stephen Frears in un film per la televisione lo racconta dal punto di vista degli uffici, tenendo Alì fuoricampo, mostrato solo dal materiale di repertorio. I protagonisti sono i giudici della corte suprema.
Insomma il regista sposta il punto di vista dal pugile allo stato americano, per slittare il tema dal titolo a qualcosa di più universale, ovvero la lotta legale per affermare un diritto.
In questo senso il film è una piccola truffa, poichè non c'è nulla del grande pugile ma si tratta di una storia di ideali che potrebbe accadere anche ad altre persone, un inno all'America della giustizia, che soverchia le manovrine da corridoio con la forza della fibra morale e l'etica del lavoro.
La versione giocosa e spensierata di un processo che invece è noioso, burocratico e poco avventuroso è tutta diretta ad un'esaltazione di un sistema che anche quando in mano a vecchie cariatidi, anche nel periodo di presidenza repubblicana, anche durante la guerra in Vietnam, si dimostra comunque superiore alle singole piccolezze.