[CANNES 2014] Più buio di mezzanotte, la recensione
In concorso alla Semaine de la critique il film di Sebastiano Riso appare come un deludente esperimento nel più consueto cinema contemporaneo, tarato su argomenti e stili che non riesce ad affrontare davvero...
Tutta la storia di Più buio di mezzanotte è il passaggio da una famiglia all'altra da parte di un adolescente omosessuale a Catania negli anni '80.
Davide ha 14 anni, un aspetto efebico e atteggiamenti effemminati che gli creano non poche difficoltà a casa, in cerca di comprensione capita nel parco di Villa Bellini dove trova un mondo di prosituzione omosessuale che non conosceva e dal quale rimane affascinato. L'attrattiva non è solo quella data dalla sempre maggior comprensione di movimenti interiori e desideri che mal sa spiegare a se stesso ma anche dalla scoperta di stili di vita e modi di pensare divergenti rispetto a quelli imposti da famiglia e istituzioni, clamorosamente più in linea con quelli che sente propri. Passando sempre più tempo con i nuovi amici si allontana da un padre che lo accetta sempre meno, sostituendo così alla prima famiglia questa seconda.
La trama di Più buio di mezzanotte è questa (fatti salvi un paio di colpi di scena e momenti forti ovviamente sorvolati nella sinossi), non si allontana in nessuna maniera dai canoni di scrittura fissati dal cinema italiano recente e anzi ne ribadisce molti luoghi comuni (la funzione di specchio amoroso della mamma, resa impotente dalla violenza paterna) oltre a replicarne tante soluzioni di stile (basterebbeil piano sequenza all'indietro durante la camminata esplorative nel quartiere di prostitute come in Mamma Roma).
Purtroppo il film di Sebastiano Riso ha anche tutti i difetti del nostro cinema peggiore, perchè abbina ad una realizzazione molto poco raffinata (basterebbe solo la pessima recitazione) ambizioni smisurate. Invece che cercare di raccontare una trama cerca di raccontare un personaggio e tramite esso un mondo, invece che fornire motivazioni lo riempie di struggimenti intimi, muti e silenziosi, invece che applicare uno sguardo su quel che riprende cerca un semidocumentarismo in costume. In ogni occasione sembra ambire all'impresa più alta raccogliendo però il minimo sindacale.
La carne al fuoco di Più buio di mezzanotte è così moltissima (il dissidio familiare, l'oscurantismo, la maturazione di un adolescente, la scoperta dell'omosessualità, l'accoglienza dei reietti e l'odio sociale per il diverso) e il film passa da un argomento all'altro, annaspando in una sempre maggiore vaghezza. Mentre Davide scopre ed esplora la nuova famiglia e il nuovo mondo in cui sembra più a suo agio sono sempre meno chiari i suoi desideri o anche solo i suoi dissidi, è sempre più sfumato e impalpabile il suo personaggio, chiuso in un mutismo che tra tutte forse è la scelta più penalizzante. Si succedono diversi eventi ma nessuno sembra davvero influire sui personaggi e nemmeno la visione dell'ambiente in generale ne guadagna.
Senza uno sguardo forte anche le cose più turpi che accadono in Più buio di mezzanotte appaiono come inutili o al massimo ininfluenti, come se quelle tragedie non colpissero nessuno.