[Berlino 2014] Felice chi è diverso, la recensione
Il documentario di Gianni Amelio sull'omofobia nell'Italia postfascista è uno dei più interessanti film italiani della stagione, una vera sorpresa di intuizioni, cinema e ricerca storica...
E' una sorpresa vera questo documentario di Gianni Amelio nato per raccontare l'omofobia istituzionalizzata tra media e società negli anni seguenti al fascismo fino ai '70 e arrivato a risultati molto maggiori.
Per farlo Amelio intervista 20 anziani omosessuali, pochi dei quali sono nomi noti, molti ignoti, tutti differenti non tanto nella storia personale (che non è difficile da intuire) quanto nelle idee e nel modo di vedere se stessi e il rapporto della società con l'omosessualità ieri e oggi.
E' geniale che ci sia un'intuizione lessicale dietro questo film di immagini e di media, che attraverso il repertorio mostra una maniera di dipingere gli omosessuali sconosciuta a chi non ha vissuto quegli anni (è facile immaginare che fossero sempre macchiette esagerate ma meno noto che fossero oggetto di reportage investigativi dal dubbio senso o liberamente canzonati dai notiziari con interviste in rima) e che poi attraverso quelle girate oggi mette in scena l'esatto opposto della suddetta prospettiva, ovvero la varietà.
Non era semplice affrontare l'argomento e ancora più facile cadere in una (inevitabile) condanna di quanto accaduto in passato, che tuttavia da sola sarebbe stata a livello di una buona ricostruzione televisiva. Amelio arriva invece a fare del gran cinema perchè gioca con le immagini e il loro rapporto per dire qualcosa che non è espresso a parole ed è superiore alla somma delle singole intenzioni.