Berlino 2013: Prince Avalance, la recensione
Prima di vedere il nuovo film di David Gordon Green è meglio dimenticarsi le sue ultime commedie e ricordare più che altro le opere dei suoi inizi...
Il ritorno di David Gordon Green ai terreni dei suoi esordi è segnato da una storia produttiva poco convenzionale. Di questo nuovo film è nato prima di tutto il titolo, poi i luoghi di ripresa, poi sono venuti i due intepreti e infine la sceneggiatura, adattata da Either Way (film islandese che tra gli altri ha anche vinto il festival di Torino). Si racconta di due ragazzi, legati dall'essere l'uno il fratello della ragazza dell'altro, che lavorano al manto stradale in una foresta distrutta da un incendio. Sono praticamente da soli per giorni, vicino a loro si muove una sparuta umanità senza senso.
Come se la sorpresa maggiore stesse nella maniera in cui il regista prende parte alle disavventure che i due vivono nei giorni che passano separati dal resto del mondo, in uno scenario tra il tragico e l'onirico, Prince avalanche non ha paura di essere un film per pochi e deludere molti, con l'arroganza di chi persegue le proprie idee incurante del pubblico. Benchè quest'approccio non sia privo di fascino è anche indubbio che non tutto quello che Prince Avalanche mette sul piatto è poi davvero centrato, efficace e in grado di portare il film nei terreni più fertili, quelli dove nascono e crescono le suggestioni degli spettatori.