Berlino 2013: The Necessary Death of Charlie Countryman, la recensione
Il film con Shia LaBeouf e Evan Rachel Wood è adolescente dentro, vuole stupire con uno stile allucinato ma in realtà non appena si ferma scopre la sua banalità...
Dovrebbe essere una favola adolescenziale, un racconto rapido e allucinato da colori molto saturi, inquadrature al ralenti che prendono in giro il ralenti e una costruzione a flashback (si parte con Charlie appeso a un passo dalla morte e si torna indietro per capire come ci sia arrivato), con un umorismo che consente a Fredrik Bond di far resuscitare i morti, apparire fantasmi e mettere a discutere il protagonista con diverse "presenze", senza che questo sia poi molto importante nel film.
Peccato che poi non sempre il ritmo delle corse per Bucarest sia a livello della necessità. La storia di Charlie che va a trovare se stesso in Romania, inviato dal fantasma della madre morta, e invece trova l'amore e la mafia (due cose che come è noto non vanno d'accordo), ha più di una battuta d'arresto, più di un momento in cui il grande affanno di Shia LaBeouf per mantenere vivo un film che non deve mai fermarsi, cede, e allora la testa comincia a pensare. E quel che pensa è che poco ha senso in questo film e gli unici momenti veramente godibili forse sono proprio quelli demenziali, in cui l'umorismo è la sola finalità.