Berlino 2013: Gloria, la recensione

Con un'interpretazione impressionante per quantità e continuità lungo tutto il film, la prima bomba del concorso di Berlino ha Umberto Tozzi in colonna sonora...

Critico e giornalista cinematografico


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Che sia un film senza dubbio moderno e per nulla attaccato ad esperimenti simili realizzati in passato (anche a quelli più illustri), Gloria lo dimostra sapendo inserire nella sua rigida struttura drammatica una quantità tale di inserti da commedia da mutarne la definizione di genere. Non pago Sebastian Lelio nel suo profondissimo ritratto di donna, serio e austero nelle sue conclusioni e così rigido nella morale da apparire come un atto di galanteria verso la sua protagonista, inserisce una parte che sembra ispirata alle suggestioni tarantiniane più orientali: Gloria, cinquantenne in cerca di un ultimo grande amore che, delusa per l'ennesima volta, si veste da gran sera, imbraccia un fucile da paintball e in pieno giorno va sotto casa dell'amante che le aveva ripetutamente mentito per sparare a lui e alle pareti del suo palazzo.

Da quest'esempio si capisce come il più grande errore che si possa fare guardando Gloria sia quello di pensare di sapere dove il film voglia andare e incasellarlo in un genere. Perchè se è chiaro fin da subito che non molleremo mai la protagonista, che è addosso a lei e al suo corpo non più giovane che vederemo gli effetti del film e tutto ciò che le accade, è anche evidente che Sebastian Lelio mira a girare senza schemi fissi con solo due punti certi: il difetto di vista del personaggio (che suona come un terribile orologio che ticchetta) e il finale con la canzone omonima di Umberto Tozzi (non ci si crede ma è un momento raffinato invece che kitsch).

Gloria è così un film aggraziato e sofisticato in cui una signora divorziata finisce suo malgrado a vivere una vita da adolescente, fatta di festini ed eccessi, dorga, esplosioni sentimentali e delusioni, perchè non intende arrendersi ad un'esistenza da sola. Già la premessa è esilarante ma invece che abbandonarsi all'umorismo più banale in materia Lelio vola altissimo, cercando sempre di far ridere nel pieno rispetto della dignità e del coraggio della sua protagonista.

In tutto questo un ruolo pesantissimo lo gioca ovviamente Paulina Garcia che del film è la protagonista, attrice perfetta che sembra non distrarsi mai nemmeno un attimo e che punta tutto sulle piccolezze, sui gesti ordinari e non sulle scene madri (recitate anzi in maniera molto sobria e controllata). Non c'è immagine che non la preveda e non c'è momento che lei non rischiari con la coerenza e la precisione con le quali interpreta Gloria. Già a metà festival è possibile dire che è una prestazione da premio.

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